Segnalazione:DelirioBrividi al nero di LunadiSilvia Alonso
Buongiorno lettori,
Pseudonimo di Silvia Aonzo, avvocato civilista milanese.
Esordisce già molto giovane con le poesie, una delle quali, “Inverno africano”
viene premiata da Alda Merini al Castello di Belgioioso (PV) per il concorso
“Poesia dorsale”. Nel 2006 pubblica con Altrimedia Editore la favola poetica
“Il morso del serpente”, dalla quale trae la sceneggiatura per l’omonimo
spettacolo danzato.
A dicembre 2019 esce per i tipi di Genesis Publishing il suo
primo vero romanzo (un chicklit) “I
love Mammy in Monte-Carlo – come sopravvivere a una vita glitter”. Con “L’angelo
veste Sado” (Brè Edizioni, luglio 2021) si aggiudica la finale del Premio
Nabokov 2020. A luglio 2021 il romanzo inedito “L’avvocato in gûepiere” si
classifica al secondo posto al FRI-Festival del romance italiano, con Dri
Editore. Sta attualmente lavorando ad altri romanzi, racconti noir-thriller,
nonché a raccolte di favole (la raccolta “Lo zoo arcobaleno” si è aggiudicata
la finale per la narrativa al premio Città di Castello).
Tra il 2020 e il 2021 i suoi racconti sono stati premiati a
numerosi concorsi di narrativa, tra cui (i più importanti): Premio di poesia e
narrativa Giovanni Bertacchi (finalista col racconto «Solange», novembre
2020); Premio di letteratura al femminile Laurizia (3° posto con il racconto
«Cieli immensi», novembre 2020); Premio Jean De La Fontaine (menzione speciale
per la favola «La principessa serpente», aprile 2021); Premio Città di
Grottammare (menzione d’onore per il racconto «Le sabbie mobili», maggio 2021);
Premio Storie di donne Comune di Arco (2° posto per « Street Bob
striptease », giugno 2021); Premio Internazionale Creati-Vita Inferno
Dantesco (2° posto per il racconto «Ready Infernum Player», settembre
2021); Premio Bukowski (finalista con al poesia “Quello che le suore non
dicono”, giugno 2021); Premio Un Roero da Favola (finalista con la favola
«L’orchidea e la primula», settembre 2021); Premio Giovane Holden (finalista
col racconto “Il ladro di sogni”, settembre 2021); Premio Nazionale di Arti
Letterarie Metropoli di Torino (racconto finalista “Il ladro di sogni”, ottobre
2021); Premio Città di Castello (finalista con la raccolta di favole «Lo zoo
arcobaleno» , settembre 2021); Premio Terni-Narni Horror Festival con la giuria
di Cristiana Astori (finalista col racconto «La trappola della perla nera»).
Con
il proprio blog www.silviaalonsowriter.com
si
occupa anche di recensioni di romanzi e film.
Contatti autrice:
Dietro alle lusinghe di un fotografo dal taglio
rarefatto e mistico si nasconde un serial killer che rinviene nell’Undicesima
Musa, la Moda, la profanazione religiosa della nova era. Nei giochi del Casinò
si rinviene una misteriosa applicazione delle antiche teorie pitagoriche e
cabalistiche, utilizzate allo scopo di delinquere. La medianità e la telepatia,
le nuove tecniche per parassitare i sogni, ma il sangue scorrerà a lavare le
colpe.
Un maniaco misogino trasforma la propria automobile
in alcova del piacere, tra sesso, adrenalina, alchimia e allucinazione. Ma
l’ultima corsa si trasformerà in vendetta.
Una zingara di strada legge nei fondi del caffè la
propria condanna: sarà proprio il grande amore a toglierle il soffio vitale.
La leggenda delle streghe nere di Triora si mischia a
quella delle dirimpettaie streghe bianche del borgo di Ellera, tra tradizione
celtica e magia orientale che si fondono in terra ligure, amori, tradimenti e
una strana maledizione.
La storica leggenda di Vlad il vampiro viene rivisitata
alla luce delle conoscenze di filosofia orientale, dove il simbolo del Gral,
unitamente a quello del drago, rimandano ai codici segreti di un sapere
alchemico ed esoterico.
Nella Cattedrale gotica di Saint Daniel, alla vigilia
del Natale, i misteriosi gargoyle, creati per esorcizzare i demoni, divengono
protagonisti di un incubo a occhi aperti.
Un’anziana donna ricorda i propri incubi legati alle
atrocità di Auschwitz, che riaffiorano alla memoria come zombie della psiche
soggettiva e collettiva. La vendetta contro i suoi carnefici si farà strada con
uguale prepotenza, rendendola protagonista di una rivincita alla Tarantino.
I misteri esoterici racchiusi nel capolavoro della
Gioconda, e un inconfessabile amore segreto che viaggia nel tempo, sono il movente
del famoso furto al museo del Louvre.
Nella poesia di Baudelaire Le dormienti, messa all’indice e stornata da I Fiori del Male per il contenuto osceno ed esplicitamente
omosessuale, si nasconde la radice di una strana dannazione che passerà in un misterioso
quadro.
La leggenda del Golem di Praga riaffiora con
prepotenza negli anni in cui il capolavoro di Mary Shelley, Frankenstein,
spopola nella letteratura gotica assieme al nuovo mito degli zombie. Qualcuno
ne svelerà l’arcano evidenziando la differenza tra scienza e fede.
Vi lascio anche un estratto:
«Un cammello, color
arancione. Che porta sulla gobba un talismano... a forma di scorpione.»
«Eccellente. E ora
vediamo se riesci a decifrare quest’altra immagine.»
Corrugò la fronte per
entrare nella concentrazione più profonda. Poi, come se fosse finalmente
riuscito a trovare un angolo remoto dentro di sé, un placido sorriso gli
rasserenò il volto.
Qualche istante.
Cinguettio di pettirossi. Inspirazioni calme e costanti, nelle narici solo il
profumo intenso del muschio. Un leggero brivido sulla pelle. Per non parlare
del formicolio nelle ossa che ormai cigolano, ma il pensiero è diretto altrove,
concentrato a cogliere il battito più lieve del suo stesso cuore, che si
rinnova a ogni pulsazione.
Senza scomporsi dalla sua
posizione, aprì di colpo gli occhi.
«Un cobra dalla coda
ritorta. Nove volte, su se stessa.»
«Prodigioso. Lo avevo
lasciato andare via, consegnandolo alle nuvole. Ma sei riuscito ad afferrare
anche quell’immagine. Il tuo percorso è terminato. Non ho più nulla da
insegnarti.»
Lo guardò indugiando per
un attimo. Un secondo sorriso gli illuminò il volto. Come un padre benevolo,
soddisfatto dell’esito più brillante del suo lavoro.
Era sicuramente lui, il
più dotato tra i suoi alunni. Un discepolo riservato e schivo, tanto fulgido
nel talento quanto anonimo nell’aspetto fisico. Negli occhi, nemmeno la minima
ambizione. Solo il perseguimento di un puro ideale, il mero “dharma” orientale,
la missione della sua anima. Voleva inseguire il sapere, come fa la goccia che
confluisce nel grande mare della consapevolezza, per raggiungere la simbiosi
con la coscienza superiore che permea il tutto. O almeno, così lasciar credere.
Non che fosse ipocrita.
Ma dalla malinconia del suo sguardo trapelava qualcosa che gli aveva lasciato
il segno. Una vecchia cicatrice, l’eco di una ferita, qualcosa che lo aveva
spinto ad andare oltre la morsa del dolore, rifugiandosi nella stasi ovattata
della meditazione.
La realtà era che non
sembrava avere una precisa missione, qualcosa che desse un senso reale a quella
ricerca assoluta che tanto assomigliava alla sete astratta di perfezione. La
mentalica sembrava essere la sua unica passione assieme alle altre pratiche
medianiche, ma non era come per gli altri che, mossi dall’ambizione per
la fama, aspiravano a imparare sofisticati numeri da palcoscenico per gettare
fumo negli occhi a un pubblico schiavo della superstizione.
Forse era per questo che l’anonima
Musa, ispiratrice di maghi e sensitivi, nota solamente agli iniziati, gli
era sempre stata fedele, fissa al suo fianco come un angelo custode. Lo aiutava
con una dedizione assoluta nell’insediarsi nella mente cosmica riemergendone
con un’immagine nitida da cui poteva decriptare i messaggi che per gli altri
erano lasciati in codice.
Non come gli smarginati
tentativi del suo amico che lo seguiva come un’ombra, un parassita tanto
brillante nell’aspetto quanto torbido nelle intenzioni. I suoi, di esercizi,
sortivano sempre esiti incerti, come se una spessa coltre di polvere ne
appannasse l’aurea.
Si erano conosciuti a un
seminario di meditazione, e da quel giorno non si erano più lasciati. Forse la
reciproca solitudine aveva fatto da collante più dell’affinità elettiva, il
resto lo aveva fatto il sentirsi entrambi parte di qualcosa di più grande, ma
dai più rinnegato, e l’effetto di compensazione che provavano nello stare
insieme. Un equilibrio perfetto, una specie di endiadi indissolubile,
sembravano i cocci unici dello stesso vaso che per una serie inspiegabile di
cause si erano ritrovati a combaciare: luce e ombra, l’unione degli opposti,
come nel grande simbolo del Tao.
Egeo ed Ezio erano nati
lo stesso giorno dello stesso anno, ma ai due poli opposti del Paese, Torino e
Napoli.
A nessuno Egeo aveva mai
parlato del suo dolore per un amore impossibile, morto prima ancora di poter
nascere. Una malattia improvvisa se l’era portata via, nel cuore più fulgido
della giovinezza.
Berenice, sua cugina.
L’aveva stretta a lungo,
nella bara. Aveva vegliato accanto a lei tutta la notte, sfiorando il suo volto
che pareva baciato dai raggi argentei della luna.
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