Segnalazione:Breve come la notte
di
Alessia MalvestioeMichele Boschiero
Alessia Malvestio
Buongiorno lettori,
Quel sabato Irene non lavorava: era per questo
che si era concessa il lusso di tornare a casa tardi la sera prima. Fin
dall’assunzione, il sabato era stato considerato più lavorativo che feriale,
tranne quando capitava il turno di riposo. Tanto
a casa non ho nulla da fare, pensava ogni volta che un collega le chiedeva
di sostituirla, anche di sabato, o quando l’azienda necessitava di qualcuno ‒
ovvero di lei, sempre lei ‒ che provvedesse a rimettere ordine in tutta la
confusione che chissà perché si creava ogni settimana.
Era proprio grazie o a causa di questa sua
strana convinzione che Irene aveva in arretrato diverse commissioni, e si era
imposta proprio quel sabato di svolgerne il più possibile.
Ricordava in modo vago il momento in cui
Riccardo l’aveva baciata prima di uscire, nonostante non fosse trascorsa
nemmeno mezz’ora. Aveva dormito poco e si era subito risvegliata.
Irene si alzò dal letto, si spogliò e si tuffò
sotto la doccia.
L’acqua le impregnò i capelli, scorse lungo le
spalle e attorno al collo, favorì la curva di seni e fianchi, superò il basso
ventre e si affusolò attorno alle gambe, offrendole una nuova tipologia di
calore.
Il mal di testa era passato. Se ne era accorta
mentre, le palpebre abbassate, permetteva al getto d’acqua di bagnarle il
volto. Si sentiva comunque stanca e assonnata, ma almeno quel pulsare
insistente era svanito. Provò il desiderio di raggiungere il parco e svolgere
alcuni esercizi di yoga. Le avrebbero fatto bene, ne era certa. Al di là
dell’ormai abituale ma vaga sensazione di spossatezza, avvertiva il proprio
corpo leggero, vivo, reattivo, pronto a qualsiasi movimento. Sapeva però che
queste sensazioni non sarebbero durate in eterno, ma si sarebbero trasformate
in fumo non appena con lo sguardo avesse sfiorato la propria immagine allo
specchio. Non era soddisfatta di ciò che ogni volta vedeva, sebbene Riccardo ‒
e Andrea prima di lui ‒ si ostinasse ad affermare il contrario.
Giusto, Andrea.
Era comparso per caso alla festa di Alice, e sempre per caso aveva trovato lei, Irene. Dice di voler rimediare, ma come potrebbe riuscirci? Non mi interessa e
non ci voglio pensare.
Uscì dalla doccia in fretta, come se il
pensiero di Andrea l’avesse messa di malumore e volesse liberarsene al più
presto.
Avvolse il proprio corpo in un soffice
asciugamano, fece lo stesso con i capelli e si trovò dinanzi lo specchio.
Dietro il panno soffice c’era un corpo dalle forme desiderabili, ma non sempre
aggraziato e proporzionato, non certo come quello di Alice. I capelli, mossi
anche da bagnati, contornavano un volto qualunque, con occhi verdi,
sopracciglia fini, una fronte spesso pensierosa.
«Fortuna che è appannato. Ora però devo
sbrigarmi, così vado a comprare un nuovo smartphone. O è meglio se provo a
riparare quello vecchio? Mmm… chissà quanto costa sistemare lo schermo.
Potrebbe valerne la pena?» Ebbe la tentazione di prendere il cellulare per
cercare informazioni online, ma rise di se stessa ricordando che, con lo
schermo in frantumi, qualunque azione sarebbe stata impossibile.
Troppo
strana una doccia senza musica. Avrei apprezzato qualche nota dei Red Hot Chili
Pepper, o, perché no, anche dei Thirty Seconds to Mars.
Mentre si asciugava i capelli si accorse che la
mente tornava sulla giornata precedente proprio quando i pensieri finirono su
Riccardo, sul suo sopraggiungere a quell’ora del mattino, sulla strana
necessità di affrontare un discorso così vago e senza senso. Almeno all’apparenza. Perché non poteva
aspettare questa mattina?
Non era preoccupata per il sonno perso: era una
rinuncia da nulla in confronto alla presenza di Riccardo; la insospettiva
invece il contesto, l’oggetto, la situazione… tutto quanto. Perché Riccardo si
era disturbato?
La serratura scattò e Irene balzò per lo
spavento, come colta di sorpresa.
«Irene? Sono tornato.»
Udì il rumore di alcuni passi, prima di vedere
la porta del bagno aprirsi. Non aveva l’abitudine di chiuderla a chiave. Spense
il phon.
«Riccardo. Come è andata la corsa? E l’occhio
nero? Come ti senti?»
«Tutto bene. L’occhio non mi fa male. Mi sento
energico. Oggi sono soddisfatto. Correre in autunno con questo fresco mi dà una
carica pazzesca!» il tono di voce risultava leggermente affaticato, conseguenza
dello sforzo appena fatto.
Lei annuì, dandogli le spalle e limitandosi a
incrociare il riflesso dei suoi occhi allo specchio, nonostante il vetro
appannato.
«C’è qualcosa che non va? Sembri pensierosa.»
Possibile
che mi abbia letto nella mente?
Con Riccardo questa non era una novità: riusciva, chissà come, a intuire lo
stato d’animo di Irene solo guardandola. Ci azzeccava con una precisione tale
da farle temere che i suoi pensieri non fossero abbastanza al sicuro e che
esistesse una chiave per intrufolarvisi che solo lui possedeva. O mi conosce così bene da saper interpretare
il mio corpo e i miei atteggiamenti. Nah, sicuramente mi legge la mente. Prova!
Uno, due, tre! Prova! Finge di non sentire.
«Sono solo concentrata. Per me non è facile
asciugare i capelli come lo è per te. Forse dovrei spuntarli, che ne pensi?»
«Se anche li tagliassi, io non me ne
accorgerei, quindi vedi tu.»
L’appannamento del vetro stava sbiadendo ma
Irene, lanciandovi un’occhiata, non ebbe il tempo di studiare il proprio corpo
e criticarlo. I suoi occhi caddero su quello di Riccardo, che si stava
spogliando per entrare in doccia. La t-shirt sudata, incollata al busto, ne
metteva in risalto i muscoli ben delineati. Gli addominali scolpiti e le
braccia allenate facevano trasalire. Sensazioni che Irene aveva provato giusto
quella notte.
«Mi raccomando, non usare troppo shampoo.»
Lui fece un occhiolino che raggiunse Irene solo
dopo essere rimbalzato sullo specchio.
«Potresti aiutarmi con le dosi.»
«Lo farei volentieri, lo sai, ma sono di corsa.
Purtroppo sei arrivato tardi. La prossima volta dovrai correre più veloce.»
«La prossima volta non ci vado neanche, a
correre.»
L’acqua prese a scrosciare sul corpo nudo di
Riccardo mescolandosi alle sue ultime parole.
«Io esco. Prima che tu te ne vada, puoi aprire
le serrande per far passare un po’ di luce? Poi ricordati di chiudere a chiave,
mi raccomando.»
«Vedo cosa riesco a fare, devo consultare la
mia agenda.»
«Stasera usciamo?» gli chiese Irene «potremmo
mangiare qualcosa insieme. Mi hanno suggerito un posto davvero curioso.»
«Ehm, stasera sono già d’accordo con Francesco.
Me l’ha chiesto qualche giorno fa.»
«Va bene» rispose. Lo specchio catturò la
smorfia di delusione che le incupì il volto «nel caso cambiassi idea, fammi
sapere. Ci vediamo!»
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