Segnalazione:
Satyrandroide
di
Gianpaolo Roselli
Buongiorno lettori,
oggi vi segnalo il romanzo "Satyrandroide" di Gianpaolo Roselli, edito Edizioni Ensemble.
Prima di scoprirlo vi lascio una curiosità: "Dal giorno della pubblicazione l'autore pubblica settimanalmente dei brevi interventi in cui parla di luoghi, libri, canzoni, film e quant'altro che in qualche modo è connesso col romanzo. In quanto presente nella storia narrata o semplicemente come motivo di ispirazione. Questi interventi possono essere letti su facebook con l'hastag #tralapennaeilcalamaio (o semplicemente #satyrandroide) o sul blog gianpaoloroselli.blogspot.com"
Biografia:
Prima di scoprirlo vi lascio una curiosità: "Dal giorno della pubblicazione l'autore pubblica settimanalmente dei brevi interventi in cui parla di luoghi, libri, canzoni, film e quant'altro che in qualche modo è connesso col romanzo. In quanto presente nella storia narrata o semplicemente come motivo di ispirazione. Questi interventi possono essere letti su facebook con l'hastag #tralapennaeilcalamaio (o semplicemente #satyrandroide) o sul blog gianpaoloroselli.blogspot.com"
Biografia:
Ama
da sempre inventare storie, raccontarle, evocarle. I racconti, qui sotto
menzionati, sono usciti su diverse riviste letterarie nazionali, come Toilet,
Inutile Opuscolo Letterario, Atlantidezine, e su antologie come Racconti
d'Estate della Ensemble.
E'
cresciuto a pane, Poe e Dylan Dog, ma se deve citare stelle che, più di tante
altre, gli hanno indicato il cammino come autore, direbbe Marquez, Hugo e
Calvino. Al posto della Bibbia metterebbe l'Odissea. Ha lavorato per testate
giornalistiche locali e universitarie, ho scritto di heavy metal per Lumeen.it
e Satyrandroide è il suo primo romanzo.
Per
vivere ha svolto sempre diversi lavori, ma questa è un'altra storia.
Blog:
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Principali
pubblicazioni
Tipologia
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Antologia
tematica di racconti a tema Estate
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Nome / editore
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Racconti
d’estate / Ensemble Edizioni
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Numero e Anno
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2018
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Titolo racconto
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L’ultimo
Cantastorie della Baia
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Sito
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Tipologia
|
Antologia
Tematica di racconti a tema “Inizio Anno”
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Nome / editore
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Atlantidezine
/ Rivista on line Atlantidezine Tesori sommersi
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Numero e Anno
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2013
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Titolo racconto
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La
Guerra in Testa
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Sito
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Tipologia
|
Rivista
Letteraria
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Nome / editore
|
Inutile
Opuscolo Letterario / Inutile Ass. Culturale
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Numero e Anno
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46
/ luglio 2011
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Titolo racconto
|
Il
Minotauro
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Sito
|
Tipologia
|
Rivista
Letteraria
|
Nome / editore
|
Toilet
/ 80144 Edizioni
|
Numero e Anno
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17
/ Novembre 2009
|
Titolo racconto
|
Pensieri
di un povero Caronte
|
Sito
|
Data di pubblicazione: 8 febbraio 2019
Numero pagine: 368Prezzo cartaceo: 13,60€
Link per l'acquisto su Amazon:
Sinossi:
Il mio nome è Nessuno e la storia che mi appresto a raccontarvi è quella di un
Ulisse, uno dei tanti, e del suo viaggio che, seppur contro la propria volontà,
intraprese in un mondo molto lontano da casa sua, o da ciò che ne rimaneva.
Incontrò tante persone e con esse le loro storie. È di lui e di tanti altri che qui
racconteremo, ma prima di iniziare è necessario che metta in chiaro una cosa: io e
Ulisse non siamo la stessa persona.
Che cosa significa "essere vivi"? Qual è il confine tra la vita e la non vita? I protagonisti di questa storia sono androidi. Che provano emozioni. Eppure sono fuori dal circuito vita: sono macchine e le macchine, si sa, non provano emozioni. "Satyrandroide" è la storia di un viaggio che inizia nelle profondità dello spazio e continua per le colline e i borghi del Mezzogiorno; è la storia di Ulisse, ma anche di Beowulf e di Charlot, e di tanti altri androidi, che per salvarsi - ognuno dalle proprie sofferenze - provano la loro capacità a essere vivi, sfidando quel confine sottile che separa la vita dalla non vita. Nel farlo porteranno a galla il complicato e controverso rapporto che lega gli androidi agli umani, visti - a torto o a ragione - come modelli di perfezione a cui tendere. C'è in gioco, il riconoscimento di una loro, propria, "umanità".
Vi lascia con un estratto, il prologo e parte del primo capitolo:
Vi lascia con un estratto, il prologo e parte del primo capitolo:
Prologo
Il mio nome è
Nessuno e la storia che mi appresto a raccontarvi è quella di un Ulisse, uno
dei tanti, e del suo viaggio che, seppur contro la propria volontà, intraprese
in un mondo molto lontano da casa sua, o da ciò che ne rimaneva. Incontrò tante
persone e con esse le loro storie. È di lui e di tanti altri che qui
racconteremo, ma prima di iniziare è necessario che metta in chiaro una cosa:
io e Ulisse non siamo la stessa persona.
PARTE 1: IL
RAPIMENTO
1
Questa storia
inizia nell’emisfero nord della Terra, a sudovest della penisola italiana, dove
la punta dello stivale e la Sicilia si guardano senza toccarsi. Precisamente in
una palazzina bianca come il sale che sembra galleggiare sull’acqua. La prima
volta che Ulisse l’aveva vista si era spaventato e aveva impiegato un bel po’ a
metterci piede. Ce ne erano volute di rassicurazioni per convincerlo. Gli
avevano detto infatti che si trattava di una casa turistica, come tutte le
altre che si affacciavano sul mare, e in quanto tale aveva ospitato centinaia
di persone senza che si fosse mai verificato un incidente. Gli avevano detto
che in estate la affittavano a costi elevatissimi e che ciò nonostante i
clienti facevano salti mortali pur di accaparrarsela. In inverno invece
rimanevano vuote e allora le affittavano per due soldi a pescatori o a
lavoratori stagionali come lui.
Ora era lì,
seduto al tavolo, intento a fare colazione. Guardava il mare oltre la finestra
e le onde che si alzavano minacciose come per travolgerlo. Ormai ci aveva fatto
l’abitudine
e quello
spettacolo non lo impressionava più. Terminò la colazione, accese il tablet e,
quando fu pronto, cliccò il pulsante della registrazione. Comparve il suo viso
e al centro
la scritta rossa
«REC»:
«Ciao
Margherita» prese a dire «Ti chiedo scusa se non mi sono fatto sentire in
questi giorni. Sai, tra una cosa e l’altra, finisci che di ogni giorno ti
rimane poco tempo. La verità
è che sono anche
questi affari a scoraggiarmi. Insomma lo sai bene: non mi ci trovo a parlare
davanti a questi cosi. A volte penso che sono poco abituato alla tecnologia e
questo, lo so, è il colmo per uno come noi. A proposito di colmi, sapessi
quante ne dicono sul nostro conto…
Ad ogni modo,
sto bene. Cioè me la sto cavando. Non fare caso a me adesso, mi sono appena svegliato
e fuori c’è una mezza bufera. Che dirti? Il lavoro è strano. Metto timbri,
riempio
registri, talvolta con nomi impronunciabili, sistemo documenti e cose simili.
Mi vien da pensare spesso che le persone mi passano davanti come numeri,
pratiche, pezzi di carta e, francamente, mi chiedo se è proprio quello che vi
auguravate che io facessi quaggiù. Ad ogni modo ci devo rimanere ancora dieci
mesi e perciò è bene che mi faccia piacere quello che faccio. I colleghi sono
tutto sommato gentili, anche se spesso sembrano indifferenti alla mia presenza.
Non ho nessun tipo di problema, a parte il fatto che non ho legato con nessuno.
Chissà, forse è solo un problema mio su cui dovrò
lavorare. Anzi,
ne sono sicuro.
A te come va? E
in comunità che si dice? Dai, raccontami un po’ di cose, fammi sentire meno
lontano. Okay, ora devo chiudere se non voglio perdere il pullman. Ciao. Ti
voglio
bene».
Ulisse, come
tutti i giorni negli ultimi due mesi, si diresse alla fermata per prendere il
suo pullman. Mostrò distrattamente il tesserino dell’abbonamento all’autista,
il quale non lo degnò di uno sguardo, e raggiunse il solito posto, davanti
all’uscita posteriore, vicino al finestrino. Solo lui poteva sapere quanto
fosse importante avere nelle vicinanze una via di
fuga. Iniziò
così a scorrere il solito paesaggio, come un vecchio film. Sopra, i nuvoloni
minacciavano la pioggia. Sotto, le spiagge si allungavano piatte e deserte, o
abitate al massimo da qualche passeggiatore solitario col proprio cane. Appena
oltre, il mare si estendeva fino quasi a confondersi col cielo. In direzione
del porto di Villa San Giovanni il paesaggio cambiava, capannoni vecchi e
squadrati che sembravano essere lì appositamente per impedire la vista del
mare. Quando il pullman prese a costeggiare il porto, Ulisse si accorse che il
film non era più lo stesso. Iniziò a scorgere le prime camionette della polizia
parcheggiate sul lato opposto della strada, tanti poliziotti appostati ovunque,
alcuni con fucili spianati e altri intenti a comunicare alla ricetrasmittente.
A
mano a mano che
il pullman procedeva, il numero di poliziotti si infittiva sempre più fino ad
assumere, proprio in prossimità della sua fermata, le sembianze di un vero e
proprio campo di battaglia. Alcune volanti erano ferme quasi in mezzo alla
strada con i lampeggianti accesi; i poliziotti, accompagnati da robusti pastori
tedeschi, sostavano davanti all’ingresso del porto perquisendo chiunque
passasse da lì; su,
nel cielo, un
paio di elicotteri roteavano circoscrivendo l’area.
Scese dal
pullman con addosso l’attenzione di un poliziotto che poco più in là sostava
con lo sguardo nascosto sotto gli occhiali da sole. Fuori dal mezzo tutto gli
sembrò ancora più grave come se, tra un battito di ciglia e l’altro, i
poliziotti si fossero moltiplicati. Più in là, alla sua destra, laddove un
enorme cartellone sormontava la strada indicando l’imbarco per Messina, due
pattuglie della polizia sostavano con armi alla mano e altri pastori tedeschi
dalla lingua penzolone. S’incamminò verso l’ingresso dei dipendenti, per poi
mettersi in coda
e guadagnare lentamente la soglia. Quando venne il suo turno un poliziotto gli
chiese i documenti. Un altro si fece avanti ordinandogli di alzare le braccia e
divaricare le gambe. Fece come gli venne ordinato: uno lo perquisì, l’altro
controllò i documenti. Quando finirono riprese il cammino quotidiano varcando
la soglia dell’area portuale. Proprio qui i soliti guardiani, che in genere se
ne restavano tutto il giorno a parlicchiare con l’amico di turno o a salutare
qua e là, ora sembravano dei gendarmi esemplari, con un’espressione ligia e
autoritaria mai vista prima. Un elicottero passò sopra la sua testa facendo un
baccano infernale. Svoltò l’angolo e scorse finalmente la sua palazzina, poco
più che un rudere squadrato e grigio. Mai era stato così felice di vederlo.
Accelerò il passo, guadagnò l’ingresso ma fu costretto a fermarsi per via della
porta chiusa. Da quando era lì mai l’aveva trovata chiusa. Suonò il campanello.
«Chi è?» fece
una voce severa.
«Sono Ulisse».
«Chi?».
«Quello del
servizio civile…».
«Ah sì».
Un rumore
metallico sentenziò lo sblocco della porta.
Entrò, ma si
fermò appena oltre la soglia. Al posto di un salone sempre deserto con al
centro un grande tavolo ovale, cinto da una fila di sedia, ora c’era una
marmaglia di persone avvolte in tute e maschere bianche. Restò impietrito con
l’impressione di aver sbagliato posto, fino a quando non scorse Mario.
Armeggiava con una maschera che probabilmente avrebbe indossato di lì a poco.
Questi lo vide e gli fece cenno di avvicinarsi. Attraversò il salone,
zigzagando tra tute bianche e sguardi sconosciuti. Stava per chiedergli cosa
diavolo stesse accadendo ma lui lo anticipò.
«L’inferno
ragazzo!».
«Che
significa?».
Mario gli fece
cenno di seguirlo.
Salirono le
scale fino al primo piano per poi imboccare il solito claustrofobico corridoio
fino al suo ufficio. Si portarono davanti alla vetrata che dava sul mare e da
lì vide un serpentone di caschi blu lungo la spiaggia, al di là della fila di
camionette.
«Gaia Puttana!»
fece lui «Sembra di essere tornati in guerra…».
«In parte è
così… hai sentito quello che è successo, no?».
Ulisse lo guardò
spiazzato: «Non so niente!».
«In TV?».
«Non ho la TV».
«Su qualche
giornale, su internet?».
«Li ignoro di
proposito».
«Beh un casino»
disse stropicciando la maschera tra le mani «Ieri c’è stata una guerriglia giù
a Mazara, in Sicilia. I detenuti del centro di permanenza si sono rivoltati.
Hanno forzato le uscite, sono evasi e hanno messo a ferro e fuoco mezzo paese.
Ci sono state sparatorie, incendi, furti e, a quanto pare, anche morti. Ho
visto certe immagini… un inferno! Insomma, molti dei rivoltosi l’hanno fatta
franca e sono fuggiti. Si pensa che proveranno ad attraversare lo stretto per
poi fuggire a nord del continente».
Ulisse tornò a
guardare il mondo appena fuori la vetrata. La strada stracolma di camionette e
volanti, le centinaia di poliziotti, armati fino ai denti, sparsi per la
spiaggia. Più in là vide le imbarcazioni delle guardie costiere al largo, che
si susseguivano una dopo l’altra fino quasi alla sponda sicula. Su, invece, i
soliti elicotteri.
«Ma chi l’ha
detto che proveranno proprio da qui. Potrebbero proseguire a largo e poi
raggiungere la prima costa…».
«Le acque, come
i cieli, sono più presidiati della terra. Ogni minima imbarcazione o bagnarola
è intercettabile da radar, elicotteri, navi, satelliti, eccetera. Qualsiasi
fuggitivo
lo sa e
preferirebbe rischiare il tutto per tutto attraversando lo stretto, per quanto
sia difficile, anziché andare a largo ed essere intercettato al cento per
cento. Ognuno di loro sa che con un po’ di fortuna raggiungerebbe la sponda
opposta e una volta sulla terraferma sarebbe più facile nascondersi e avanzare
verso nord».
«Mario sei
pronto?» irruppe una voce alle loro spalle.
Ulisse e Mario
si voltarono. Un tizio completamente infagottato nella sua tuta bianca sostava
sull’uscio.
«Si va?».
«Pare ci siano
movimenti dell’altra parte. Dobbiamo muoverci».
«Dove andate?»
gli chiese Ulisse.
«Giù» fece Mario
scrollando le spalle «A dirigere le operazioni di sbarco qualora dovessero
spingersi fin qui…».
All’improvviso
vide comparire sul suo viso un inaspettato sorriso, uno di quei sorrisi che non
sono certo di gioia.
«Tu chiaramente
sei dispensato…» continuò «Stagisti e non strutturati sono fuori da tutto
questo» posizionò la maschera sulla bocca e riprese a parlare ma con una voce
tappata
«Non sai quanto
vi invidio in queste occasioni». Detto questo si voltò e guadagnò l’uscita
dall’ufficio.
«Ma io che
faccio?».
Mario si voltò
appena oltre l’uscio: «Goditi lo spettacolo». Dopo di che scomparve oltre
l’angolo.
In un istante
piombò il silenzio e di tutte quelle persone che l’avevano affollato rimasero
soltanto le orme di polvere e sabbia lasciate sui pavimenti. Si affacciò alla
vetrata e scorse
l’esercito di
tute bianche attraversare la strada e portarsi dritto sulla spiaggia,
mischiandosi ai poliziotti. Guardò più in là, oltre la spiaggia, nel mare
presidiato dalle motovedette. Appena oltre la Sicilia che emergeva dal mare
come un gigantesco guscio di tartaruga.
Tirò fuori dalla
tasca il cellulare, si connesse alla rete per poi digitare la parola chiave:
Guerriglia di Mazara. Comparve una schiera di titoli che echeggiava quanto
aveva appena
scritto.
Cliccò sulla prima voce:
Molto interessante.
Lo leggerete?
Ciao! Questo libro ha una trama molto interessante e poi... che bella cover *_*
RispondiEliminaCiao!
EliminaSì, molto interessante e anche la cover è bella :)