Segnalazione:
Will Shakespeare, la tua volontà
Con il sonetto inedito Shall I die?
diCinzia Pagliara
di
Cinzia Pagliara
Buongiorno lettori,
per la Edizioni Haiku vi segnalo il libro: "Will Shakespeare, la tua volontà - Con il sonetto inedito Shall I die?" di Cinzia Pagliara.
Generato dalla riproposizione dell'omonimo monologo teatrale dell'autrice, il testo si sviluppa come un monologo/dialogo continuo e costante con William Shakespeare e i suoi personaggi femminili, attraverso il quale l'autrice affronta temi corposi, personali e universali, in una prospettiva polifonica; l'opera prevede anche la traduzione di un sonetto attribuito al celebre drammaturgo britannico.
Biografia:
Cinzia Pagliara è nata a Roma, ma è ormai indissolubilmente legata alla sua terra di adozione, la Sicilia. Insegna lingua e letteratura inglese e collabora con la rivista Magazzini Inesistenti. Ha pubblicato 10 giorni oltre la vita per Boemi Editore (2000) ed è autrice di testi teatrali per ragazzi. Con edizioni Haiku ha pubblicato nel 2018 Will Shakespeare, la tua volontà. Parole-dipendente, come lei stessa ama definirsi, ha creato “Raccontare per raccontarsi”, un circuito di reading sinestetici.
Genere: Poesia / teatro
Data di pubblicazione: 2017
Numero pagine: 110Prezzo cartaceo: 10,80€
Prezzo ebook: 4,99€ (gratis con Kindle Unlimited)
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Sinossi:
Un monologo che è poi anche un dialogo costante con William “Will” Shakespeare e con tutti i
suoi personaggi femminili. Il dualismo “io/Will” crea un legame tra l’essere e la volontà/scelta di fare la differenza. Emerge un mondo interiore che si contrappone a quello moderno, in cui l’amore eterno di Giulietta confligge con quello materialista, cronometrato dal tempo tangibile. L’immaginario e la fuga dalla realtà vengono oggi concepiti come follia, e soltanto la medicina può placare ogni tentativo di evasione. Per questo Ofelia e Desdemona, accecate dall’amore, si lasciano trucidare dai loro eroi. Questo amore malsano esalta la figura di ogni antieroe, che
preferisce sparire nelle difficoltà e nel tedio, per ritornare celebrato agli occhi del pubblico.
L’idea del volume nasce dalla riproposizione omonima del monologo teatrale dell’autrice (qui
presente anche nella versione anglofona). Si parla di e con William Shakespeare: infinitamente studiato e dibattuto, autore controverso e affascinante per antonomasia, inglese ma forse anche siciliano, ritenuto troppo colto per non aver studiato in una delle facoltà degli University Wits (ci sarà mica lo zampino di Marlowe così misteriosamente scomparso?). William, dicevamo, invidiato e negato ma soprattutto universalmente amato. Ritroviamo in questo volume tutta la forza dell’autore inglese attraverso un inedito componimento (attribuito), contraddistinto dalla musicalità, dall’intreccio di rime, dal ritmo che rende meraviglioso anche il termine più consueto. Shall I die? è un puro inno alla bellezza e viene introdotto dall’insolita pièce teatrale della bravissima Cinzia Pagliara, un discorso drammaturgico: monologico, eppure polifonico. L’uso che l’autrice fa della scrittura shakespeariana, permette di affrontare temi corposi, spesso in contrasto con l’attualità (come quelli della malattia mentale o del femminicidio).
Eccovi un estratto:
Poi avevo incontrato altri sguardi: obliqui, incerti, altrove. Erano lì perché potevano essere felici per un po’. Obliquamente felici. Incertamente felici. Lì-maaltrove e felici. Mi hanno insegnato molto le vite oblique, mi hanno insegnato l’arte della gioia: preziosa, fragile, fortissima. E d’un tratto ho pensato che non siamo imbarazzanti, no. Noi siamo… obliquamente speciali.
Per ogni fase della mia vita il mio adorato e straordinario Will ha trovato le parole giuste. Il terzo figlio.
Che succede?
Il generale è andato in catalessi.
È la seconda volta, successe anche ieri.
Strofinagli le tempie.
No, meglio di no. Il deliquio deve seguire il suo corso.
Otello conosceva il deliquio. L’epilessia. E il deliquio deve seguire il suo corso.
Io lo so. Io conosco bene il deliquio, convivo con lui, lo affronto e provo a respingerlo ogni giorno. Io lo so che quando esplode e sembra un’immagine della morte e affonda, impietoso e implacabile nelle pieghe del cervello di mio figlio – nascondendosi poi, vigliacco! – e nei suoi occhi che d’un tratto non vedono più, ma hanno un’espressione di terrore (cosa vedono i suoi
occhi? Cosa vedono? Maledetto, maledetto deliquio!) e nel suo urlo che poi mi resta dentro, e nel suo respiro che sembra una lotta disumana e poi si quieta, sfinito… Quando il deliquio vive, io posso solo restare seduta sul letto e aspettare che faccia il suo corso. Specializzarmi in carezze in cui soffio l’anima sperando che siano curandere. Stringere le mani che non rispondono, e attendere che il deliquio faccia il suo corso.
Così ho appreso l’arte della pazienza e dell’attesa. Hoimparato a vivere nel “fra”.
C’è uno spazio che diventa improvvisamente più leggero. C’è un senso di possibilità che a volte sembra perfino reale. C’è una vita che scorre quasi normale,nel “fra”.
Fra un deliquio e l’altro. Il fra è un susseguirsi di avventure possibili. Non posso distrarmi. Mai.
Il deliquio deve seguire il suo corso.
E nel mentre si può parlare. Come nei riti antichi, allontanare gli spettri che fanno paura. Cantare, raccontare parole di sorrisi. Guardare occhi che non vedono eppure, a tratti, quando la paura si allontana, sorridono. Ripescare ricordi, perché i ricordi non fanno paura, sono la vita. Il deliquio ascolta e diventa, a volte, più buono. A volte invece si arrabbia di più. Vuole far paura. Vuole far piangere. Mi vuole malata. Guariscila. Non hai rimedi per una mente malata, non puoi strappare dalla memoria un dolore che vi ha messo le radici, cancellare le angosce scritte nel cervello e, con qualche benefico antidoto che dia l’oblio, liberare il petto di quell’ingombro pericoloso che le grava sul cuore?
No.
“Hai preso le pasticche, vero?”
Molto interessante, lo leggerete?
Buona lettura!
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