Segnalazione:
Lettera a chi non c'era:
Parole dalle terre mosse
di
Franco Arminio
Buongiorno lettori,
per Bompiani vi segnalo il romanzo "Lettera a chi non c'era: Parole dalle terre mosse" di Franco Arminio.
“Avvicinati, ascolta.
Questa voce spaccata
non viene da una bocca
ma da un muro.”
Franco Arminio recita un rosario della memoria per raccontarci il nostro Paese che trema, che si inabissa, che sembra non imparare mai dalle proprie fragilità eppure non smette di sperare.
Biografia:
È nato e vive a Bisaccia, in Irpinia d’Oriente. Da anni viaggia e scrive, in cerca di meraviglia e in difesa dei piccoli paesi. È ispiratore e punto di riferimento di molte azioni contro lo spopolamento dell’Italia interna. Ha ideato e porta avanti la Casa della paesologia a Bisaccia e il festival La luna e i calanchi ad Aliano.
Data di pubblicazione: 9 giugno 2021
Numero pagine: 176Prezzo cartaceo: 15,20€
Prezzo ebook: 10,99€
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C’è Mario, che aspettava di mangiare la pizza di granturco con la figlia in braccio quando la terra ha iniziato a tremare: ha perso tutto, vive da anni in un container. Ci sono due ragazzi che si baciano in una macchina, il terremoto li coglie in quel momento di dolcezza. C’è Benedetto Croce, che riprende i sensi a notte fonda e si trova coperto dalle macerie fino al collo, e c’è Gaetano Salvemini, che sopravvive alla moglie, ai figli e a una sorella perché si aggrappa all’unica parete che non crolla. Il terremoto del 1980 in Irpinia, che travolse una terra già segnata dall’emigrazione, e la ricostruzione, che produsse tanti guasti ma non ha portato via la grazia antica di quei luoghi. Gli altri terremoti italiani, da quelli di Messina e Avezzano ai più recenti dell’Emilia, de L’Aquila e delle Marche. E in mezzo tante disgrazie collettive, imprevedibili o dovute all’incuria umana: Franco Arminio parte dai suoi luoghi e allarga lo sguardo per rievocarle a una a una, scavando tra le macerie con l’indignazione delle sue prose civili e la dolente tenerezza dei suoi versi. Questo libro è al tempo stesso un inedito catalogo delle nostre fragilità, di tutte le volte in cui la Terra ci ha ricordato che siamo piccoli quanto formiche sul suo grande dorso, e un appello rivolto a chi viaggia distratto attraverso le persone e le cose, perché “quello che è accaduto non è frutto del caso o di una congiura, [...] non riguarda solo chi è morto o i suoi familiari, riguarda noi e i nostri figli, riguarda soprattutto chi non c’era.” Arminio chiede con ardore alla letteratura di farsi testimonianza, ci ricorda che l’ascolto e l’attenzione alle parole sono il primo passo per ricostruire la speranza.
“Mi occupo di rovine, anche quando le rovine non sono visibili.”
Il terremoto del 1980 nella sua Irpinia, che travolse una terra già segnata dall’emigrazione e aprì una nuova stagione in cui paesi nuovi sorgevano accanto a paesi fantasma, privi di giovani e di identità. E poi gli altri terremoti italiani, da quello di Messina nel quale Gaetano Salvemini perse la moglie e cinque figli fino ai più recenti de L’Aquila e delle Marche.
In una lettera di rabbia e d’amore, Arminio compie un viaggio in versi nell’Italia che trema, sulla superfice della terra e intimamente.
Interessante, non trovate?
Buona lettura!
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