Segnalazione:Le campane di San Pietroburgo
Segnalazione:
Le campane di San Pietroburgo
di
Jessica Marchionne
di
Jessica Marchionne
Jessica Marchionne
Buongiorno lettori,
vi segnalo il romanzo: "Le campane di San Pietroburgo" di Jessica Marchionne, edito Words Edizioni.
Un intreccio sorprendente di storia e fantasia
sullo sfondo della Russia di Lenin, Stalin e della fierezza imperiale dei Romanov.
Biografia:
Jessica
Marchionne è nata a Sezze
nel 1991. È laureata in ‘Editoria e scrittura’ e ha continuato a frequentare
corsi e tirocini anche dopo gli studi nella speranza di trasformare la sua
passione in lavoro. Legge da sempre qualsiasi genere anche se predilige il
fantasy e lo storico. Ha un blog ‘Luce sui libri’ dove recensisce libri di
autori emergenti e dispensa ogni tanto qualche consiglio. Ama i videogiochi,
gli animali e pensa che l’autunno sia la stagione che meglio le si addice.
Le campane di San
Pietroburgo edito da Words Edizioni è il suo
romanzo d’esordio.
Genere: romanzo Fantasy storico
Data di pubblicazione: 9 gennaio 2021
Numero pagine: 212Prezzo cartaceo: 12,90€
Prezzo ebook: 2,99€ (gratis con Kindle Unlimited)
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Sinossi:
Viktor è solo un bambino quando riceve in dono dal fratello Ivan un diario, a suo dire, capace di realizzare tutto quello che vi viene scritto: è così che esprime il desiderio di diventare Zar. Ma la sua vita, nel pieno della prima grande guerra, è destinata a essere stravolta: viene venduto dal padre a uno strano uomo di nome Gavril, segnato dalla perdita di moglie e figli. Di loro gli resta solo un orologio fermo, che all’improvviso riprende a ticchettare con l'arrivo di Viktor. Quando Palazzo d’Inverno viene attaccato, però, tutto sembra perduto ancora una volta. Anni dopo, Viktor incontrerà Anastasia Romanov, e insieme a lei, dopo essere diventato Zar, riconquisterà la città fino all’avvento di Stalin. Ma ecco che, quando le campane di San Pietroburgo risuoneranno, il diario rivelerà ancora una volta la sua magia. E cosa ne sarà di Gavril, legato a quell’orologio che segna il tempo in bilico tra la vita e la morte?
Il libro è uno, le storie sono due.
Diviso in due parti, entrambe raccontate dai due
protagonisti assoluti, Viktor e Gavril, Le campane di San Pietroburgo è
un romanzo breve che mescola alla perfezione storia e fantasia. Ma altro grande
protagonista del romanzo è il tempo, che promette e non dà, poi restituisce,
infine si piega magicamente all’amore e all’affetto, concedendo quell’attimo,
solo uno, fugace, di serenità. L’intreccio ben studiato da parte dell’autrice
concede al lettore la possibilità di affacciarsi su uno scorcio veritiero di storia,
quella che tutti conosciamo e abbiamo studiato più o meno bene sui banchi di
scuola, sviluppando tuttavia un what if interessantissimo con l’entrata
in scena di Anastasia Romanov. E a condire il tutto, quella spruzzata di magia
in cui Viktor smette di credere ad un certo punto, mentre Gavril ci si affida
per andare avanti.
Due personaggi, Viktor e Gavril, segnati dalla
solitudine non per scelta. Il primo abbandonato dalla famiglia e da un padre
crudele; il secondo vittima della ferocia di Lenin. Insieme riusciranno a
coesistere, dandosi in un certo modo affetto a vicenda, sopperendo l’uno alle
mancanze nella vita dell’altro. Viktor è il figlio che Gavril ha perso, Gavril
il padre che il ragazzo non ha mai avuto. Da quel micro mondo composto da due
persone appena, tuttavia, il destino della Russia sarà sconvolto, ribaltato,
nuovamente segnato dal sangue. Viktor e Gavril sono due personaggi
complementari: da un lato troviamo un ragazzino che ha perso fiducia nella
vita, abbandonato da chi avrebbe dovuto amarlo, venduto a un uomo che non
conosce e desideroso di fare qualcosa di quella vita che non ha scelto, ma
forse troppo poco incline a credere che sia davvero possibile; dall’altro
abbiamo un uomo che la vita ha portato sull’orlo della follia, ma che non ha
mai abbandonato la propria integrità morale, i propri ideali e soprattutto non
ha mai smesso di credere nelle possibilità della vita.
Si parte dalla Russia, ma si finisce in Messico.
Ma
ogni tassello trova la sua delicata posizione in questo fantasy, storicamente
ricco di dettagli: ogni cosa ha il suo posto nella storia, ogni avvenimento è
studiato e incastrato nella narrazione per contribuire allo scorrere fluido
della trama. Esattamente come lo scorrere del tempo scandito dalle lancette di
un orologio.
Eccovi anche degli estratti:
1.
«Nel
nostro Paese, specialmente adesso, non sempre le cose vanno come vogliamo.
Semmai un giorno ti sentissi triste, invece di guardare solo fuori dalla
finestra, potrai redigere la tua storia. Questo diario però accetta solo
racconti belli, e se non scriverai niente di brutto, anche la realtà non sarà
tale» disse.
«Davvero?»
domandai, guardando il diario sempre più meravigliato.
«Ha
anche un altro pregio: puoi immaginare il tuo futuro e confidarlo alle sue
pagine. Se lo scriverai come lo desideri, allora si realizzerà.»
«Se
scrivo che diventerò Zar, quindi, succederà?» chiesi eccitato.
«Se
lo vuoi, sì. Il diario poi farà il suo lavoro. Comincia con la storia di
adesso, sono sicuro sarà magnifica. E ricorda, Viktor, cos’è che il diario
vuole?»
«Solo
racconti belli» risposi con un sorriso.
2.
«Cosa significa che non ritorneranno?» chiesi, flebile. Il
mio respiro si condensò nell’aria.
«Tuo
padre ti ha venduto a me. Sei uno dei tanti doni che mi ha lasciato per poter
passare indenne il confine. Gli serviva una raccomandazione, siccome non è
amico dei bolscevichi…»
Quelle
parole risuonarono stonate alle mie orecchie. Non ci credevo, non le
comprendevo. Sapevo che mio padre mi odiava e voleva sbarazzarsi di me, per
questo speravo mi mandasse via un giorno, magari in qualche bel posto. Alla
fine era successo, e Ivan era stato suo complice.
Mi
aveva fatto perdere tempo nel riporre giusto quei due ciondoli, sicuramente
lasciati di proposito nel comò. Scuotevo la testa mentre ricordavo e una
lacrima provò a scivolarmi lungo la guancia, ghiacciandosi tra le mie ciglia. Guardai
l’uomo e come un automa scesi le scale: mi sembrava di sprofondare sempre più
verso l’inferno, e mai quell’inferno mi era sembrato più freddo.
3.
«Quando dici che non c’è più, vuoi
intendere che è morto?»
«No, o
almeno non credo…» risposi incerto.
«E
allora non dire che non c’è più. C’è e lo devi trovare.»
«Ma
come?»
«Tornando
nel passato, come ti ho detto.»
«Rozovij,
è imposs…»
«Non lo
è» mi interruppe. «Niente lo è. Se lo fosse, io non sarei riuscito a portare
delle rose nell’inverno di Pietrogrado.»
«Non
profumano» dissi. Era vero. La rosa che mi aveva dato non appassiva, ma non
profumava.
«Quello
che serve adesso è solo un po’ di colore, non il profumo, capisci perché te
l’ho voluta dare? Bastava solo il colore, era quello che serviva a te, quando
ti ho visto la prima volta.»
Rimasi
allibito.
«Così
non è una vera rosa però, no?» chiesi poi, titubante.
«Ma se
lo vuoi, lo sarà.»
«Se è
il colore che vuoi portare perché adesso le vuoi prendere bianche?»
«Tra
poco il colore dominante sarà il rosso. Colorerà anche la neve. Dovrò riportare
il bianco.»
4.
«Credi davvero che un giorno ci
riusciremo?» mi domandò Anastasia una sera, guardando oltre uno dei balconi di
Palazzo d’Inverno.
«Ne
stai forse dubitando?»
Anastasia
scosse la testa e dei riccioli rossi ribelli le caddero sul viso.
«Solo
che mi sembra così strano. Un mio grande desiderio sta davvero per diventare
realtà. Ho riconquistato il mio palazzo e presto avrò la
testa di Lenin.» Attese qualche secondo. «E tu sei mai stato così vicino alla
realizzazione di un sogno, tanto da non crederlo possibile?»
La sua
domanda mi piegò la bocca in un leggero sorriso.
Le
presi la mano e la guardai intensamente negli occhi. Lei sostenne il mio
sguardo e per la prima volta vi lessi una leggera paura, poi mi sorrise a sua
volta e strinse forte la mia presa.
«Era il
tuo stesso sogno» sussurrai e le baciai la mano.
«Era,
dici?» chiese, arrossendo appena.
«Sì, era.
Perché insieme l’abbiamo realizzato. Smettila di pensare non sia vero e guarda
oltre il balcone. Laggiù è radunato un vero e proprio esercito che siamo
riusciti a formare in pochi anni. Un esercito che combatte per noi. Lo sai che
neanche io all’inizio ci credevo, ma sei stata tu a trasformarlo in realtà.»
5.
L’orologio
da poco comprato al figlio era quasi distrutto nel suo palmo: il disegno della
rosa incrinato, la gabbia dorata mancante di pezzi, non si sentiva nessun
ticchettio, era rotto in maniera irreparabile.
«Aprilo, coraggio» lo invitò Maksim con
una voce fintamente squisita. Come se stesse cercando di invogliare un bambino
demotivato.
Le sue dita tremarono troppo e non
riuscì a schiuderlo al primo tentativo. Non era solo per la lana del guanto che
scivolava sopra il piccolo oggetto mezzo distrutto, non riusciva davvero a
controllare quel tremolio spastico.
Quando riuscì ad aprirlo, guardò il
vetro completamente scheggiato, lì dove le lancette si erano fermate alle 12:30
esatte.
Interessante.
Voi cosa ne pensate?
Buona lettura!
Interessante, mi sono piaciuti molto gli estratti!
RispondiEliminaMi fa piacere, fammi sapere se lo leggerai :)
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