Segnalazione:
Il Verbo di A'alwe
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Il Verbo di A'alwe
Il Verbo di A'alwe
di
Andrea Agomeri
di
Andrea Agomeri
Andrea Agomeri
Buongiorno lettori,
eccovi il romanzo: "Il Verbo di A'alwe" di Andrea Agomeri, edito GDS Editrice.
Questo libro è suddiviso in due volumi.
Biografia:
Mi
chiamo Andrea Agomeri, classe ‘78 e risiedo ad Aprilia (LT) con mia moglie
Mara. Sono laureato in Scienze Naturali, con una specializzazione in
biotecnologie cellulari delle piante.
Dopo
qualche concorso letterario e brevi racconti, ho scritto e pubblicato il mio
primo romanzo, Il Verbo di A’alwe, un fantasy epico di 854 pagine, suddiviso in
due volumi ed edito da GDS editrice.
Data di pubblicazione: 10 ottobre 2019
Numero pagine: 854 (totale di entrambi i volumi)Prezzo cartaceo: 19,90€ e 21,90€
Prezzo ebook: 3,49€
Link per l'acquisto su Amazon:
Sinossi:
Quando il bosco di Lorgul inizia a sussurrare presagi di morte, per Andrel non rimane altro che aggrapparsi all’istinto di sopravvivenza. Ma dal momento in cui l’oscura selva decide di mostrare il suo vero volto, nulla potrà più trascendere l’immaginazione, se non il nulla stesso.
Inizia così un’odissea per terra e per mari, tra battaglie ed epici duelli, alla ricerca di una bambina, fonte di salvezza contro l’orda del Male che avanza. Un invisibile nemico li attenderà, un'indecifrabile realtà li accompagnerà, una segreta alleanza li sosterrà.
Dalla drammaticità degli eventi, eroici cavalieri all'ombra delle Tenebre vedranno emergere dai propri conflitti interiori quei valori persi nel profondo del cuore umano. E’ infatti in un viaggio spirituale che i protagonisti dovranno affrontare la loro prova più dura ed è nel verbo di Lei, di A’alwe, che dovranno trovare quella fede che li renderà invulnerabili. Un cammino fatto di illusioni e verità, di macabre conoscenze e profetici disegni. Un cammino che porterà alla rivelazione e alla redenzione.
Sarà pianto delle Tenebre, grido degli abissi o un’alba morente incatenata da un imperituro tramonto?
Eccovi anche un estratto:
Inizia così un’odissea per terra e per mari, tra battaglie ed epici duelli, alla ricerca di una bambina, fonte di salvezza contro l’orda del Male che avanza. Un invisibile nemico li attenderà, un'indecifrabile realtà li accompagnerà, una segreta alleanza li sosterrà.
Dalla drammaticità degli eventi, eroici cavalieri all'ombra delle Tenebre vedranno emergere dai propri conflitti interiori quei valori persi nel profondo del cuore umano. E’ infatti in un viaggio spirituale che i protagonisti dovranno affrontare la loro prova più dura ed è nel verbo di Lei, di A’alwe, che dovranno trovare quella fede che li renderà invulnerabili. Un cammino fatto di illusioni e verità, di macabre conoscenze e profetici disegni. Un cammino che porterà alla rivelazione e alla redenzione.
Sarà pianto delle Tenebre, grido degli abissi o un’alba morente incatenata da un imperituro tramonto?
Eccovi anche un estratto:
LXXXV
La
mano affondò delicatamente nel bianco manto del suo cavallo. La pioggia ne
aveva indurito ed inscurito il pelo, ma lei sentì ugualmente il calore che
sprigionava. Paulen fece scivolare un piede dalla staffa, caricò tutto il peso
sull'altra staffa e saltò giù. Sciolse l'animale da tutti i finimenti, poi gli
diede una carezzevole pacca sul posteriore. Lo rese libero, gli donò la libertà
di scegliere il sentiero dove cavalcare, lo liberò dall'opprimente realtà che
incombeva, implacabile. Per un attimo il quadrupede esitò ma poi, infastidito
dall'aria venefica, s'arrese e fuggì via. Paulen era rimasta sola, ferma, tra i
bui vicoli di Kir-sandia. Era giunta lì chiamata dal suo destino, spinta dalla
volontà di porre un cambiamento che avrebbe alterato ogni scelta avversa di chi
guardava al cambiamento stesso inteso come dominio, come distruzione. Lei
invece voleva offrire la scelta di ricostruire ciò che l'uomo stesso aveva
danneggiato. Sospirò ma non gli piacque ciò che sentì. Il mantello gravò sulle sue
spalle, appesantito dalla pioggia incessante. Era buio, eppure una luce
soffusa, distante, proveniva ad indicarle il sentiero. S'incamminò. Nell'irreale silenzio che avvolgeva
ogni cosa, il fruscio del suo mantello sembrava essere l'unica voce a pizzicare
gli aghi d'acqua che cadevano dal cielo cupo. Il soffio della morente attesa le
incipriò un volto indurito dalle invisibili cicatrici dell'eterna espiazione.
Intrecci di angusti pensieri le si affastellarono nella testa, tessuti in
reminiscenze di un passato logorato dai secoli. Ispirò a fondo, come a voler
diluire i ricordi verso una dimensione astratta, senza confini e senza regole.
Le tenebre erano ovunque, opprimenti, ma non v'era solo l'oscurità ad
accompagnarla. Levò il capo al cielo; la pioggia le punzecchiò il volto. In
ogni goccia, frutto del pianto di un cielo ferito, vi riconobbe quel cuore di
luce che in altri tempi illuminava ogni cosa, minuscoli frammenti di un alba
strappata al giorno, minuti segni, poco più di illusioni, che scintillavano come
se un'entità viva vi pulsasse dentro. Strizzò le palpebre, come a voler
proteggere quel mosaico nascente di luci e colori. Procedette a passo lento,
sottomessa in una crisalide di oscurità. Attorno a lei le ombre sembravano
attecchire su ogni cosa, schiacciate dalla pioggia scrosciante. Iniziò a
percepire la Sua presenza. Il passo di Paulen si fece più deciso. Lo scontro
era imminente. Lo scontro era inevitabile. L'aria s'acquietò in un placido
giudizio. Tutt'attorno, la natura aveva smesso di pulsare il soffio vitale,
anime perdute scolpite nelle algide mura di edifici eretti ad immagine di
spettri. Lì, tra le cineree pareti della città, s'aggirava l'effigie della
sopraffazione, il ritratto della devastazione, l'immagine speculare di lei che
avanzava negli accecanti flutti della perdizione. Una spirale di emozioni le
emerse dalle ceneri dell'oblio. Le pupille le si contrassero e le lacrime di frustrazione si
volatilizzarono verso un mondo onirico. Le ombre la marcarono, contorsero dita
informi come ad artigliarla, le si aggrapparono strenuamente. Eppure, non
v’erano solo quelle. Strali di luce irruppero da un lontano orizzonte, non
quello che unisce il cielo alla terra ma l’orizzonte che taglia il valico della
paura da un mondo dove non esiste tramonto, dove non esiste il buio; quel mondo
pulsò dentro il petto di Paulen. Invisibile, questa luce calcò sulle nere
proiezioni della notte. Drappeggiata da un manto di tenebre, avanzò verso il
vuoto che gravava in uno svincolo schiacciato tra le alte mura di edifici
feriti dalle intemperie; una bruma color carbone incupì il suo sentiero. Dal cielo parve scendere una gigantesca spada
di luce che fendette in due le penombre del mondo terreno. Una fugace visione
le attraversò quel baco di immaginazione che inesorabilmente andava maturando
in cruda realtà. Ne percepì la provenienza, un richiamo tanto invisibile quanto
assordante. I secondi martellarono come magli giganteschi. Non vi fu indulgenza
verso quell'attesa che logorava quell'impeto tessuto con le fibre dello sdegno.
Davanti a lei c’era solo un nero sudario, ma dentro il suo corpo veleggiava una
cortina accecante che imbiancò ogni cosa. Dal suolo andavano contorcendosi
scudi di ombre che nereggiavano sullo sfondo cupo. La proiezione di una
fuggente percezione disegnò una coscienza che prese a sbocciare. Ne percepì la
presenza, un influsso tanto arcano quanto funesto. I suoi occhi volsero in
direzione di quel vuoto dinanzi a sé che sembrava risucchiarla verso il
sepolcro della tentazione. I secondi scrosciarono come la più tetra delle
tempeste. Non vi fu appagamento verso quel momento che fortificò quel senso di
giustizia purificato dalle acque pure della redenzione. Fortificò il proprio
animo, con gli occhi perlati da goccioline di speranza, coronati da un'aura di
luce; il suo sguardo sfumò verso la più
pura delle consapevolezze. L’attesa s’assottigliò, il vuoto si smembrò, la
notte si squarciò. Avanzò, costeggiando le fredde mura di Kir-sandia, superò un
terrapieno che s'affacciava sul lago, con le immote acque arenate lungo pontili
abbandonati, si incuneò tra gli anfratti della città. La torre nera sbucò tra i
tetti dei palazzi; la sua presenza sovrastò sulla quiete, la sua vista soffocò
ogni velleità. Era un tutt'uno con la sua ombra, prorompente tra le oscurità
che regnavano ovunque. Vi si avvicinò, nuda di paura, ribelle ai rovi spinosi
di un sonno mortifero che le cingevano le caviglie. Lo stretto in cui si
trovava stava per giungere al termine, metafora di una vita vergine di ogni
peccato. Rallentò, ma non si fermò. Il largo viale in cui si stava per
immettere s'aprì lentamente davanti ai suoi occhi. S'irrigidì, sospirò, si
sciolse. Svicolò.
Lui era lì,
sul nero sfondo della notte, ad attenderla. (...)
Interessante e voi cosa ne pensate?
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