Segnalazione:
Ossessione
di
Laura Gronchi
Buongiorno lettori,
Biografia:
Sinossi:
La mole grigia,
tozza e per nulla aerodinamica del C130 offendeva la perfezione del cielo terso
che altrimenti si sarebbe potuto ammirare dalla pista dell'aeroporto di Addis
Abeba. Sergio si emozionò come alla vista inaspettata d'un caro vecchio amico,
assente da tanto tempo ma custodito con affetto nel cuore. Scosse la testa,
sorrise e iniziò a rilassarsi. Quella mattina, quando si erano presentati per
ritirare i biglietti e imbarcarsi, il personale aeroportuale li aveva pregati
di attendere da una parte per poi scortarli fin lì, facendo temere nuove noie
impreviste. Il sorriso si trasformò in gioia, quando riconobbe i suoi amici nei
due militari fermi vicino alla scaletta.
Sara
l'occhieggiò perplessa, stupita dall'improvviso buonumore. «Che succede? Perché
siamo qui?»
«Credo che
ci abbiano preparato una sorpresa» rispose, enigmatico. Incrociò il suo
sguardo, poi lasciò scivolare gli occhi sull'intera figura. Sorrise nel notare
il passo sciolto che ostentava al suo fianco, in aperto contrasto con gli occhi
bassi ma vigili, pronti a scattare al minimo cenno; i sensi ancora modulati
alla vita nella foresta. La trovò adorabile, di slancio la cinse alla vita con
un braccio e la strinse a sé. «Va un po' meglio?» le sussurrò all'orecchio. Lei
fece una smorfia, contrariata che avesse indovinato l'agitazione che la rodeva.
«Ora che ti
vedo sereno, credo di sì» borbottò, im- bronciata, riconoscendo il logo
dell'Aeronautica Militare Italiana stampato sulla carlinga dell'aereo. «Non
credevo fossi così importante da meritarti un volo di Stato.»
«Infatti
non lo sono, con tutta probabilità viaggeremo stipati in cabina di pilotaggio»
le fece notare il muletto che caricava l'ultimo enorme pallet nella pancia
del cargo. «Chi ha architettato il nostro rientro ha pensato bene di unire
l'utile al dilettevole.»
«Per l'ultima
volta, spegni quell'affare, sai benissimo che s'incazza» brontolò il tenente
Franco Rossi.
«Scherzi?
Non voglio certo perdermi la scena del figliol prodigo che torna all'ovile.» Il
capitano Luigi De Rosa carezzò il piccolo rigonfiamento della mi crocamera, di
cui sbucava solo l’obiettivo dal taschino della tuta da aviatore.
«Mi dici quanti
soldi spendi in queste cazzate elettroniche?» Anche il collega detestava quella
mania di catturare immagini all'insaputa altrui. A Gibuti, sotto il controllo
del maggiore Morelli, si era calmato, ma, tornato in patria, l'entusiasmo per i
progressi della figlioletta l'aveva travolto, tanto da costringere la moglie
stressata a sequestrargli tutti i gingilli che era riuscita a scovare, pur di
riavere un po' di pace.
«Meno di
quello che pensi. Ho la mia fonte su internet. E poi, questa, Teresa, non l'ha
trovata» ridacchiò birbante, prima di assestare uno scrollone al compagno.
«Guarda quei due come sono affiatati» aggiunse riferito alle scaramucce della
coppia in avvicinamento.
«Non posso
credere che siate davvero qui. Scommetto che sotto c'è lo zampino del
colonnello Fabbri.» Sergio si affrettò incontro a loro, buttò lo zaino a terra
e abbracciò prima l'uno poi l'altro.
«In effetti»
cincischiò Franco, grattandosi la nuca.
«Ha
ritardato il ritiro di queste attrezzature finché non l'hai informato del
rientro.» Lo allontanò da sé e lo scrutò da capo a piedi. Gli faceva un effetto
strano vedere il maggiore Morelli vestito da civile su una pista aeroportuale.
Con quell’aspetto, poi, era uno spettacolo: un'insolita folta chioma
biondastra, sostituitasi agli impeccabili capelli rasati, svettava su un fisico
snello e agile. La barba lunga di diverse settimane si
sposava a
meraviglia con la maglietta arancione, i cal- zoncini verdi e le scarpe
sportive blu. «Cristo! Come cazzo ti sei conciato? Sembri un incrocio tra un
hippy e un tedesco in vacanza!» lo canzonò, seguito dal capitano De Rosa
piegato in due dalle risate.
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