Segnalazione:
Anime
di
Maria Cristina Buoso
Buongiorno lettori,
vi segnalo il romanzo: "Anime" di Maria Cristina Buoso, edito Lettere Animate Editore.
Biografia:
Blog: https://mcbuoso.wordpress.com/
Gruppo Facebook: https://www.facebook.com/groups/366743647118908/?ref=bookmarks
Biografia:
Ho scritto fiabe, sceneggiature, copioni, racconti
e poesie.
Ho pubblicato 5 Libri: “Fermoposta”, “L’appuntamento”, “L’incontro-dipinti assassini”, “Il salotto di Lerici”, “Anime”.
Ho pubblicato numerose poesie e sillogi.
Nella
mia attività ho partecipato a salotti letterari,
ricevuto menzioni e premiazioni varie.
Gruppo Facebook: https://www.facebook.com/groups/366743647118908/?ref=bookmarks
Panoramica generica.
Nel 1994 ho pubblicato
il libro
di poesie “Parliamone” che ha vinto il primo premio ex-equo del Concorso Internazionale “Navarro”
indetto dal Lions Club Sambuca-belice nel 1995.
- 1996 il racconto “Riflessi” ha vinto il secondo
premio nella sez. narrativa, organizzato dall’Associazione A.L.I.A.S. in
Melbourne – Australia. Il racconto “Petali” ha vinto il primo premio nella
sez. di narrativa nel concorso “scriviamo un libro insieme” indetto dalla
Rivista Penna d’Autore di Torino. Ecc….
- 1997 una silloge di poesie è entrata in finale nella edizione Premio
Editoriale di poesia “Book”;
- una poesia è stata inserita nell’antologia
“Voci dell’anima” del Premio letterario
“Il Mulinello” del comune di
Rapolano Terme;
due poesie
sono state incluse nella collana “Antologie” nel volume “Scritture e percorsi”
Ed. Tracce;
- un breve pezzo è stato
pubblicato nel n. 26 di Storie;
- Ho vinto il terzo premio nel Concorso
Letterario “Joutes Alpines” dell’Associantion Rencontres Italie Annecy
(Francia) per la Sez. Prosa (Italia) con il racconto “Il vecchio album”;
- Il racconto “Agonia” ha ricevuto la Menzione
d’onore nel Concorso Letterio
Internazionale A.L.I.A.S;
- Il romanzo “Amaryllis” è stato finalista nella 2^ edizione del Premio Penna d’Autore d’Oro nella Sez. Narrativa Int.;
- Alcune poesie sono state inserite
nell’antologia “L’Anima della poesia”, testo di supporto per le scuole medie inf. E sup. collana “Le muse” –
Book ed. .ecc..
- 1998 il racconto “!?IO!” è entrato nella rosa dei finalisti
del premio Città di Empoli, Domenico Re, II ^ ed.;
- la poesia
“Nebbia” è stata inserita nell’omonimo libro del Premio Letterario Nazionale “Il Molinello”;
- una silloge di poesie è stata inserita nel “Il Calamaio”, un quaderno di poesia della Collezione di
Letteratura “Arianna” della Book ed. di Bologna;
- un racconto breve è stato inserito nell’antologia
“La parola delle donne” ed. Tracce. Ecc..
- 1999 – 2000 diversi lavori hanno ricevuto premi o
segnalazioni e inserimenti in altre antologie e altri riconoscimenti di
vario genere.
- 2001 per ben
due anni conseguitivi alcune poesie sono state inserite in una mostra di
pittura organizzata dalla
biblioteca di Guarda Veneta;
- Il romanzo “L’appuntamento“ è
stato tra i 20 finalisti del concorso della Demetra, ecc…
- 2002 il
racconto “Il bacio” è stato inserito nel Nr. 24 della Rivista semestrale
“Il ventaglio” ed. La Torre, cultura e turismo (Ro);
- alcune racconti sono stati pubblicati presso
il quotidiano “Il Gazzettino” (la pagina dei lettori);
- sono stata tra i finalisti del
Premio “Navigando nelle parole” proposto tramite Internet da Poesia
Contemporanea e pubblicata sull’antologia omonima Ed. Il Filo;
- un’altra poesia è stata scelta
dalla commissione di lettura inter. Della Casa Ed. Universum e inserita nella
9^ ed. dell’antologia “Poeti e Scrittori
d’Italia”;
- presso il sito www.rcs.it-rcslibri, Speaker’s corner –
“angolo della poesia” tenuto da Carlo Trotta, sua recensione…..
- 2003 la
poesia “Neve” è stata selezionata per l’antologia “Navigando nelle parole” Vol. 8 Ed. Il
Filo on line – curato da Giulio Perrone;
- il racconto “Petali” è stato
incluso nella I^ Ant. Di Nuovi Autori
proposta dal sito Internet Nuovi
Autori curata da Carlo Trotta.
Ecc…
- 2004 - pubblicato E-Book “Parole Libere”
Ed. Wol – sul sito www.wordson-line.it.
- il racconto Profumo è stato segnalato e
inserito nell’omonima antologia del premio “I veli della luna” indetto dalla Ass.ne Akkuaria (Catania).
- Pubblicazione
del romanzo Fermoposta – Ed. Il filo S.r.l. (Rm) – notizie sul sito www.ilfiloedizioni.it.
- inserita
nel progetto multimediale (cd-rom)
“La Biblioteca dell’inedito” Ed.
Il Filo S.r.l.
- la poesia
“Aiutami” è stata inserita nell’Antologia
Multimediale “una poesia per Telethon”,
a scopo benefico.
- e varie….
- 2005
– Pubblicazione del romanzo L’Appuntamento
– Ed. Michele Di Salvo –
- 2005
– la poesia Bugie (Stones of Angles) è stata inserita nel Vol. 6 –
In Our Own Words: A Generation Defining Itself - Edited by
Marlow Perse Weaver U.S.A. – www.evenstar.net/mwe/
- 2007 – Pubblicazione del thriller L’Incontro – Dipinti assassini - casa editrice InEdition di Bologna. www.inedition.it (prima avventura di Ginevra Lorenzi)
- 2009 – Pubblicazione
del romanzo Il Salotto di Lerici .(Istantanee di donne) - Edizione
Diversa Sintonia. http://www.edizionidiversasintonia.it
° 2012
– Pubblicazione in EBOOK Il
Salotto di Lerici - Ed.
Sintonia
- di
seguito il sito dove poterlo acquistare.
http://www.edizionidiversasintonia.it/12-template/edizioni-diversa-sintonia/introduzione-libri/52-prefazione-a-il-salotto-di-lerici-isabella-michela-affinito
° 2017 – Pubblicato Ebook e cartaceo Anime - Casa Editrice Lettere Animate Fiction (www.lettereanimate.com)
Link Acquisto 2: https://www.youcanprint.it/fiction/fiction-generale/anime-quando-una-scelta-ti-sconvolge-la-vita-9788871122007.html
INCONTRI
- 1996 nel
mese di novembre sono stata invitata presso il Circolo C.I.E. di Milano, organizzati
come “salotti culturali”.
- 2000 sono
stata invitata dagli Autori Polesani
a presentare il mio libro “Parliamone” nel pomeriggio dedicato all’incontro con
l’autore.
- 2002 nel mese di maggio, sono stata invitata per una delle quattro serate organizzate
dal comune di Porto Viro (RO) .
- 2005
- Presentazione del libro Fermoposta a Roma presso il Caffe Letterario in
Trastevere, in Aprile. Ulteriori presentazione del libro sono state fatte successivamente a
Stienta, presso la biblioteca e a Rovigo durante la fiera del libro in
piazza, tenuta a Maggio.
- 2006
– Presentazione del libro L’Appuntamento presso la seconda edizione del
libro in piazza, tenuta a Maggio a Rovigo. (www.domist.net/fieralibro/)
- 2008
– Stienta (Ro) presso la
biblioteca, serata dedicata ai miei
lavori, nell’ambito di una serie di
incontri dedicati agli Autori Polesani.
MENZIONI
1996 il libro “Parliamone” riceve la Menzione
Speciale nel premio Poesia Campania e una poesia la Menzione di Merito. IL libro è stato segnalato nel premio
Editoriale di poesia “Book” 1996
promosso da Book ed. di Bologna e ha ricevuto una Segnalazione di Merito nella
VII^ ed. del Premio Internazionale “Il paese che non c’è” di Milano.
- alcune poesie sono state inserite nell’antologia “Il giro
d’Italia delle poesie in cornice” ed. Club degli Autori; “Fior da fiore” Ed.
Golden Press ; Antologia di Penna d’Autore
a cura di Nicola Maglione e nell’agenda Poetica ’97 ed. Joker.
- il racconto “Petali” ha ricevuto l’Encomio solenne nel Premio
Intern. Europa promosso dal Centro Incontri Europa di Milano.
1999 il romanzo “Fermoposta”
riceve (previa segnalazione) “L’alto riconoscimento di successo internazionale
1999” e il primo capitolo viene inserito nell’Antologia di Letteratura
Contemporanea Plurilingue “Globus” Ed. Giovanni Campisi – Trento.
2000 la poesia “La
cenere dei ricordi” riceve il
conferimento dl diploma “gran premio d’autore” e l’inserimento nell’antologia
on-line nel sito digilander.iol.it/universalia. Delle Ed. Universum, mentre
“Prigione” ha ricevuto il diploma di
“una poesia per la vita”.
2005 la poesia “Pace in Guerra“ nel concorso indetto da A.L.I.A.S. (Melbourne – Australia), ha ricevuto la Menzione
D’Onore. ( http://aliaseditrice.com.)
Data di pubblicazione: 20 ottobre 2017
Numero pagine: 84Prezzo ebook: 2,99€
Prezzo cartaceo: 10,00€
Link per l'acquisto su Amazon:
Sinossi:
Questa storia racconta di come nulla è mai definitivo e per
sempre. Un uomo per tutta la vita combatte contro la sua vera natura, soffrendo
e cercando di uniformarsi a quello che gli altri si aspettano da lui. Fino a
quando un incontro gli apre gli occhi, obbligandolo a prendere coscienza di se
stesso e di quello che deve fare per essere finalmente felice. Questa scelta lo
porterà a sconvolgere la vita delle persone che lui ama di più, la moglie e la
figlia. Tre Anime a confronto con reazioni diverse che attraverso un percorso
difficile e doloroso le porterà di nuovo ad essere una famiglia, anche se non
più nella versione classica, ma non per questo meno vera e reale.
Eccovi un estratto:
OGGI
Tutti vogliamo essere amati. Essere amati per quello che siamo
e non per come ci vorrebbero, è un’altra cosa.
Ancora più difficile è amarci per come siamo veramente, con la
pelle che aderisce alla nostra anima, alla nostra essenza di persona.
Spesso non ne siamo capaci, e ci facciamo del male nell’illusione di
conquistare un po’ di serenità, in una vita che non ci permette neppure di sognare.
Ma la parte più difficile è scoprire che la nostra pelle è
come un vestito sbagliato, che ci ostiniamo a indossare perché ci è stato
donato tanti anni prima. Prima che sapessimo veramente chi siamo. Prima di
capire che la nostra anima ha bisogno di cambiare modello, se questo ci va
stretto. Quando finalmente ci riconosciamo per quello che siamo, e impariamo
ad accettarci e a volerci bene, ecco la parte più faticosa. Fare in modo di
essere accettati e amati con il nostro nuovo vestito senza essere giudicati.
Che non abbiano paura di vederci come noi ci vediamo, in fondo
la nostra anima è solo venuta in superficie e finalmente non abbiamo più
paura di dire: “Io sono questa!”
Cammino spedita, sicura. Avverto il piacere delle calze nuove
sulla pelle, le ho scelte per quel particolare vezzo che hanno
all’altezza della caviglia, una piccola rosa rossa. Le scarpe sono più alte del
solito e mi permettono di muovere i fianchi con maggiore armonia. Mi sento
sicura e so di piacere anche se il vestito è sobrio; io mi sento bella. Il
sole mi scalda il viso e la sensazione è di pace. Mi piace camminare in questo parco
pieno di vita, mi fa sentire normale. Una sensazione che credevo non avrei
mai provato.
Alzo la testa e incrocio il suo sguardo. Mi guarda con
stupore, apre la bocca quasi volesse parlarmi. Invece, il suo silenzio mi fa
barcollare. Abbasso gli occhi, improvvisamente mi sento ridicola e vorrei andare a
casa per cambiarmi, ma non posso, ho un appuntamento ed è importante
per me.
Ci guardiamo mentre ci sfioriamo con gli occhi soppesandoci,
avverto il suo imbarazzo e la sua delusione la sento sulla mia pelle mentre
mi allontano.
La mia camminata è insicura, piego la testa e vorrei piangere.
Il sole mi irrita e mi accorgo di non avere gli occhiali dietro cui
nascondermi.
Deluderla era l’ultima cosa che avrei desiderato. Lo sapevo
che prima o poi avrei dovuto affrontarla. Ma non oggi, non così, non adesso…
Non ero pronta, avevo bisogno di tempo.
Di tempo per dirle che io sono sempre la stessa persona e che
le vorrò sempre bene.
Cammino spedita, sicura. Oggi è una giornata speciale, voglio arrivare presto a casa, devo dirgli una cosa bella. Oggi ho
dato il mio primo esame ed è andato bene. Voglio vedere nei suoi occhi
l’orgoglio della mia vittoria. La mia prima battaglia, in cui il voto evidenzia la
mia voglia di farcela.
Vorrei correre, ma mi trattengo, voglio godermi questa breve
passeggiata, la prima dopo un mese di studio ininterrotto. Il sole è lieve e
scalda la mia pelle, mi sento bene. Mi sento leggera e bella, bella malgrado le
occhiaie e i miei jeans. Attorno c’è il movimento classico di tutti i giorni,
quando il tempo permette di uscire di casa, i vecchi che passeggiano con passo
lento, i bambini che giocano, sudati e felici sotto gli sguardi della madre
distratta da altri pensieri. Chi corre, chi si bacia, chi cammina come me
tranquillamente e poi la vedo.
Mi viene incontro sicura, felice fino a quando i nostri occhi
si riconoscono.
L’espressione muta in gelo. Tra noi l’imbarazzo e del non
volevo. Ci avviciniamo fissandoci, non osiamo parlare. Vorrei dirle
qualcosa, ma dalla mia bocca aperta non esce neppure un suono. Ci sfioriamo con
lo sguardo e lei va oltre, dove non lo so, la sento camminare sopra i suoi
tacchi e allontanarsi con indecisione, forse timore. Vorrei sprofondare, mi vergogno
per lei.
Mi vergogno di lei.
Lo sapevo che prima o poi ci saremmo incontrate. Ma non oggi,
non così, non adesso.
Non ero pronta, avevo bisogno di tempo. Di tempo per cercare
di accettare questa sua scelta, tempo per capire se io riuscirò ancora a
guardarla negli occhi e dirle: ti voglio bene.
L’ALTRO IERI
Mi guardo
allo specchio e quello che vedo non è quello che
vorrei. Non so chi dovrei essere. Questo viso sembra non appartenermi,
eppure è il mio. Questa sensazione di non appartenenza
è sempre più forte e mi fa sentire a disagio e fuori luogo.
Sono stanco.
Era da
molto che non sentivo più questa stanchezza che viene da dentro.
Ero riuscito a nasconderla, ma adesso eccola emergere di nuovo
mentre mi fisso allo specchio. Sono costretto a guardarmi, se voglio
farmi la barba senza tagliarmi. La sento salire e so già come andrà
a finire. Come sempre mi metterà al muro, costringendomi
a riflettere su quello che sono e su quello che invece
vorrei essere. Ma chi vorrei essere? È una domanda che ho sempre
ignorato.
Dio quanti
anni sono passati da quella prima volta, quando l’ho sentita
premere dentro, lasciandomi quasi senza fiato per la paura.
Anni fa,
non sapevo ancora darle un nome e mi aveva spaventato a morte, a
esser sincero, non è che adesso sarebbe andata meglio, ho solo
imparato a conviverci. Ma allora con chi parlarne? Con chi
confrontarmi? Cosa fare? Quante domande nella testa confusa di un adolescente,
che io ignoravo per paura e ignoranza.
L’ignoranza
che si può avere a quell’età è diversa da quella che si ha da
adulti. È un misto di innocenza, di ingenuità, di paure, di scarsa
conoscenza di… tante cose, che crescendo si perdono diventando
timorosi, cattivi, influenzabili, vergognosi e tante altre cose.
Ci
vergogniamo di quello che proviamo e che pensiamo, credendo
di essere gli unici ad avere certe sensazioni. E se anche sospettiamo
di non essere i soli a provarle, non amiamo che gli altri sappiano
troppo di noi. La società è una brutta bestia, ti inghiotte
e ti digerisce lentamente, senza fretta. A volte ti sputa fuori
perché non sei come credeva. Io non volevo essere vomitato,
volevo farne parte. Non comprendendo cosa mi stava capitando
preferii una scelta drastica e me ne andai.
Dio, come
è tutto lontano, eppure mi sembra ieri quando, stanco del
malessere che mi stringeva dentro, presi uno zaino lo riempii dell’essenziale
e me ne andai. Avevo in testa “un’idea” confusa di quello che
volevo fare e cercavo di decidere, mentre il treno mi portava
lontano da quella cittadina di provincia, piccola come la piazza
dove c’era il mercato della fiera. Tutto era in formato ridotto,
anche le aspirazioni e la vita che sfuggiva tra le mani ancor
prima di essere vissuta. Mi fermavo quando vedevo una stazione
che mi sembrava simpatica, cercavo un lavoro, guadagnavo
qualcosa che mi permettesse di risalire sul treno e continuare
la mia fuga.
Lo so cosa
pensate. E la mia famiglia? E la scuola? Il militare? Giusto.
Per mia fortuna era estate e avevo appena dato la maturità.
I diciotto anni di allora non volevano dire maggiore età, ma solo
avere raggiunto un gradino sicuro da cui ripartire. Io avrei
dovuto proseguire con l’università, ma chiesi qualche mese per me;
allora era possibile prendere e andare senza tanti problemi,
soprattutto se la tua famiglia non ti seguiva molto e se la tua
partenza ne alleggerisce la spesa. Quanto al militare, la mia fortuna
furono i piedi piatti.
Tra una
fermata e un treno arrivai al nord. E quando dico nord intendo
quello vero, quello freddo, quello in cui il sole lo vedi solo per
poco durante l’anno. Mi trovai in Svezia, non parlavo che poche
parole di inglese eppure riuscii a farmi capire e a salire su una
nave che andava anche a caccia di balene. Prima che fosse una razza
protetta, prima che tutto cambiasse; prima che io cambiassi
idea tornando a casa, ero diventato marinaio. Un marinaio
semplice che puliva il ponte, che obbediva a tutti e che voleva
imparare. Che voleva vivere in pace ignorando quella voce che
raspava dentro.
Ero un
ragazzo tra uomini eppure non fui mai trattato male e nemmeno
ignorato o altro, ero uno di loro. Imparai molto, come vivere su
due piani distinti e definiti, dividendosi tra i mesi di mare e le
settimane passate a casa. Concentrare la vita con le persone,
niente svaghi, niente spreco niente superfluo, solo duro lavoro e
voglia di famiglia, semplicità estrema, il domani era un eterno
presente fatto di attese.
Io non
sentivo la mancanza della mia, per cui non la nominai mai e loro
credettero che fossi solo, mi adottarono con la semplicità del
silenzio e per anni furono la mia famiglia. Imparai molte cose in quegli
anni e mi trovai a desiderare di diventare come quel capitano
silenzioso, che mi osservava e mi dava consigli quando riteneva
che ne avessi bisogno. Era una figura rassicurante e preziosa
per me, perché sapevo che lui sarebbe stato presente nella mia
vita. Fu semplice desiderare essere come lui. Così imparai a
dividere la mia vita tra il mare e la terra, il silenzio delle onde e il
silenzio del porto. In mezzo al rumore si può trovare il silenzio,
sapendolo cercare, e io imparai a vivere in un mondo in cui le
parole erano un lusso che andava guadagnato e mai sprecato.
In mare
tutto prendeva un respiro diverso. Sì, “respiro”, perché io
cambiavo il mio modo di respirare, di pensare, di vivere e vedere le
cose, tutto aveva uno spessore diverso e io mi sentivo tranquillo,
al sicuro. Mi sentivo tranquillo e senza nessuna pretesa se non
quella di poter tornare di nuovo in porto. E quando ero di nuovo a
terra studiavo per diventare capitano, spedivo qualche lettera a
casa per dire che stavo bene e lasciavo che tutto mi scivolasse
sulla pelle. Riuscivo pure ad avere qualche avventura e non mi
sentivo mai solo. Ricordo ancora la prima volta che una donna mi
sorrise. Allora presi coraggio e l’avvicinai. Il sorriso diventò
ancora più grande, mi avvolse come il suo profumo. Non era niente
di speciale, sapone e crema per il corpo; su di lei era inebriante.
Sentivo la gola chiusa e le parole spezzate tra i denti che non
volevano uscire, la guardavo in silenzio sperando che non fosse
una mia fantasia. Era una ragazza poco più grande di me,
lavorava in quel bar per pescatori da sempre, visto che apparteneva
ai suoi genitori. Cominciò tutto così, quasi per gioco.
Direbbe
una canzone, invece fu una parentesi che mi fece dimenticare
le mie ansie e timori. Ritornai a guardarmi allo specchio
senza timore di avvertire quel malessere che mi faceva scappare,
adesso avevo una donna.
Furono
anni pieni di colori e odori, che ritornano nella mia mente appena
chiudo gli occhi o quando passo davanti ad una pescheria.
Anni
passati senza fretta ma con la lentezza di un villaggio di pescatori.
Alla fine riuscii pure ad avere la mia licenza per portare un
peschereccio. Ricordo ancora la paura per quella prima uscita, e la gioia
di rientrare con il pescato e tutti gli uomini salvi. Mi sentivo
leggero e grato a Dio perché tutto era andato bene.
Dio.
Il mio
contatto con Lui è stato solo in quel periodo, un momento di tregua
dovuto a uomini che credevano alla sua presenza. I pescatori
sono gente superstiziosa e religiosa ed io mi adeguai.
Segno
della croce quando uscivo e quando rientravo per ringraziare
che tutto fosse andato bene. Preghiera in alto mare se le onde
erano troppo cariche di pericoli. Preghiera per poter
trovare il
pesce e ringraziamento se lo si trovava. Preghiera per i morti che
il mare si prendeva, preghiera per le vite che lasciava.
Quante preghiere
ho imparato, tutte dimenticate una volta che sono
tornato a essere quello che non ero.
Quel
periodo durò una decina d’anni, poi quella breve parentesi si chiuse
lasciandomi di nuovo la percezione di essere nel posto sbagliato
per il motivo sbagliato.
Lo capii
quando lei mi chiese cosa volevo fare della mia vita.
Ricordo
che mi girai a guardarla senza comprendere, io la mia vita la stavo
vivendo e mi piaceva. Cosa voleva farmi capire?
Glielo
chiesi e lei mi guardò rassegnata, scosse la testa, mi diede un bacio
sulla guancia, non sulla bocca come sempre, mi disse che mi
augurava di trovare prima o poi quello che cercavo. Si girò e se ne
andò. Rimasi su quegli scogli di pietra buttati dagli uomini a fissarla
mentre si allontanava. Cercavo di capire cosa voleva dirmi ma
non ci riuscii. Avvertii la sensazione sgradevole di averla ferita e
delusa, ma non capivo come. Continuai a rimuginare su quelle
parole e sul quel gesto per diversi giorni e, finalmente una sera,
mentre osservavo il mare che si stava ingrossando sotto la barca
piena di pesce appena pescato, mentre cercavo di ricordare la
preghiera per la buona sorte, capii.
Il gesto
fermo nell’aria gravida di acqua e di morte, capii.
Terminai
il movimento in maniera automatica, lo spasmo che mi stringeva
il cuore era così forte che faticavo a respirare, ma mi concentrai,
dovevo portare tutti a casa per l’ultima volta. Tutti vivi e con
il pesce che la stiva poteva contenere. A fatica attraccai e con
dolore li salutai. Riuscirci per l’ultima volta fu importante per me,
perché era il mio modo di ringraziarli per avermi accolto nella loro
vita. Ricordo che feci una gran fatica a rimanere fermo e immobile
a urlare i miei ordini sotto quella valanga di acqua che sferzava
ogni cosa, Rientrammo mentre la tempesta stava ancora gonfiando
il mare, tutti vivi. Il sollievo che vedevo sul loro viso mi ripagò
di ogni cosa, anche della decisione che avevo appena preso.
Ancora una
volta agii d’istinto. Senza cercare scuse che sanno di bugie,
dissi semplicemente che avevo perso la fede. Senza fede è meglio
rimanere a terra. Le bugie devono avere sempre un fondamento
concreto, reale, che ti permetta di mantenerle nel tempo
senza dimenticarle. Devono essere bugie vere, plausibili.
La mia lo
era e per questo fui creduto. Smisi di navigare e tornai a casa. Li
salutai tutti con tristezza ma con la consapevolezza di aver avuto
un dono speciale in quegli anni, in cui ero l’unico a parlare
l’italiano.
Casa.
Che parola
grossa per definire la famiglia che avevo lasciato a 18 anni. Ma
era così, in fondo quella era la mia casa anche se io non ero più la
stessa persona. Tornai, li salutai, non diedi troppe spiegazioni,
in fondo, non sembrava fossero troppo interessati a quello che
avevo fatto, li posso anche capire, ma non posso negare che
una parte di me ne fu ferita. In fondo ero pur sempre un loro
figlio, un fratello. Notai la loro perplessità per quel mio ritorno e
forse erano anche preoccupati che potessi pretendere un aiuto
finanziario. Vedere quel loro lato mi fece sorridere, era così diverso da
quelle persone che mi avevano accolto tra loro con naturalezza.
Li tranquillizzai, in quegli anni di lavoro avevo guadagnato
bene, investito meglio e potevo permettermi certe libertà
che gli altri della mia età sognavano, ancora al sicuro tra le mura
domestiche dei genitori; mentre io ero un uomo. Cresciuto in fretta
ma felice dell’esperienza fatta, nel mio cuore c’erano solo tanti
ricordi piacevoli e questo non è poco.
Mi
guardavo attorno non riconoscendo nessuno, neppure la città di
provincia grande come la piazza del mercato. Tutto era cambiato,
tutto era cresciuto, l’unica cosa che non era mutata era la
mentalità. Erano ancora prigionieri di un pensiero piccolo piccolo,
non più grande di quella piazza di provincia, dove la fiera si fermava
una volta all’anno.
Decisi che
dovevo andarmene. Ma dovevo trovare una scusa plausibile,
un’altra. Ormai mi stavo specializzando nell’uso della bugia
detta a fin di bene. Lo so, erano quasi estranei che mi tolleravano
a fatica, ma per me erano sempre la mia famiglia e non volevo
ferirli. Una parte di me sentiva ancora il legame affettivo
ma avvertiva anche che erano diventate ombre che mi osservano
silenziose, timorose di chiedere per paura di scoprire qualcosa
che andava oltre la semplicità di quella loro vita fatta di molto
poco. Ma che gli permetteva di sopravvivere e di non farsi troppe
domande. Loro si accontentavano, io non ne ero capace.
Io volevo
vivere. Loro sembravano pali di una zattera senza ancora,
tenuti insieme dalla sola volontà di sopravivere. Ce ne sono tanti
che come loro si accontentano di lasciarsi vivere e questo è
molto triste.
Fu facile
lasciarli.
Decisi di
iscrivermi all’università per prendere quella laurea a cui avevo
rinunciato anni prima. Mi spostai nella città dove avevo deciso di
studiare, prima di andarmene. Presi un monolocale in periferia,
nel senso che lo acquistai, un vero colpo di fortuna che adesso mi
frutta bene. E ripresi a studiare, in fondo lo studio per me non è
mai stato un problema, ho sempre avuto facilità in questo.
Studiavo e
lavoravo. Preferivo essere uno studente lavoratore. Mi ero
abituato al lavoro e non vedevo perché avrei dovuto rinunciarci,
mi aiutava a tenere la mente occupata. Il caso mi venne di
nuovo in aiuto, mi imbattei in un panificio che aveva bisogno di
un aiutante per il turno di notte. Cosa potevo chiedere di più?
Verso le 11 di sera mi presentavo puntuale per impastare, infornare
e preparare ceste che poi sarebbero state portate via la mattina
seguente. Non fu difficile imparare quel lavoro, anche rimanere
sveglio durante la notte non era difficile: ero abituato ai turni
silenziosi in nave. Era il caldo soffocante, soprattutto in estate,
che mi mandava in crisi. Mi laureai in giurisprudenza con il massimo
dei voti nei 4 anni richiesti. Incredibile! Ero diventato quello che
mio padre voleva che fossi, ma che io non ero sicuro di voler
essere. Ma che importava, in fondo era un lavoro come un altro.
Niente altro che un lavoro come tanti.
E ADESSO?
Dovevo
fare di nuovo l’ennesima scelta. Come fornaio, me la cavavo
bene, ero diventato bravo, adesso avevo la responsabilità dei dolci,
e modestamente mi riuscivano bene. Ne avevo introdotto
alcuni svedesi rivisti in chiave italiana che andavano venduti
niente male. Ma era questo che volevo? In fondo ero un avvocato.
Certo, dovevo fare un tirocinio presso uno studio, sostenere
un esame, farmi le ossa e decidere se preferivo il penale o il
civile. Insomma, dovevo di nuovo decidere. L’unica cosa era che in
quegli anni, tra studio e lavoro, non avevo pensato troppo alle donne
e a quel malessere che mi bruciava dentro. Forse quel contatto
con il fuoco del forno del panificio lo aveva spento. Ne dubitavo,
ma mi era andata bene. Non ne sentivo la mancanza e non avendo
troppo tempo da dedicare alla loro “frequentazione”, il
problema non me lo ponevo. Ma adesso? Adesso tutto ritornava
ad avere un ritmo diverso, meno lento, meno isolato, meno
solitario. Adesso dovevo decidere di nuovo.
Anche
questa volta il caso mi venne incontro. La mia vita, in fondo, è
sempre stata una continua scelta. Il destino si è sempre divertito
a mettermi davanti gradini da salire o da scendere. E ogni volta
io sceglievo la salita verso una nuova vita piuttosto che la discesa
verso quella che già conoscevo e mi era familiare. La strada più
difficile mi facilitava nel non pensare, perché troppo impegnato
nel raggiungere un nuovo traguardo. Avrò tanti difetti, ma almeno
non ho quello della codardia, altrimenti non sarei neppure qui a ricordare.
Io lo leggerò... e voi?
Eh si, proprio interessante. Credo che lo leggero!!😊
RispondiEliminaChe bello! Poi fammi sapere la tua opinione :)
Elimina