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Ilaria Vecchietti, autrice del racconto "L'ultima chance...", e dei romanzi fantasy "La Libertà figlia del Diavolo", "L'Isola dei Demoni" e "L'Imperatrice della Tredicesima Terra". E altri racconti pubblicati in raccolte.

mercoledì 28 agosto 2019

Segnalazione: Anime di Maria Cristina Buoso

Segnalazione:

Anime

di

Maria Cristina Buoso


Buongiorno lettori,
vi segnalo il romanzo: "Anime" di Maria Cristina Buoso, edito Lettere Animate Editore.


Biografia:
Ho scritto fiabe, sceneggiature, copioni, racconti e poesie.
Ho pubblicato 5 Libri: “Fermoposta”, “L’appuntamento”, “L’incontro-dipinti assassini”, “Il salotto di Lerici”, “Anime”.
Ho pubblicato numerose poesie e sillogi.
Nella mia attività ho partecipato a salotti letterari, ricevuto menzioni e premiazioni varie.

Blog: https://mcbuoso.wordpress.com/
Gruppo Facebook: https://www.facebook.com/groups/366743647118908/?ref=bookmarks

Panoramica generica.
Nel 1994 ho pubblicato il libro di poesie “Parliamone” che ha vinto il primo premio ex-equo del Concorso Internazionale “Navarro” indetto dal Lions Club Sambuca-belice nel 1995.
  • 1996 il racconto “Riflessi” ha vinto il secondo premio nella sez. narrativa, organizzato dall’Associazione A.L.I.A.S. in Melbourne – Australia. Il racconto “Petali” ha vinto il primo premio nella sez. di narrativa nel concorso “scriviamo un libro insieme” indetto dalla Rivista Penna d’Autore di Torino. Ecc….
  • 1997 una silloge di poesie è entrata in finale nella edizione Premio Editoriale di poesia “Book”;
- una poesia è stata inserita nell’antologia “Voci dell’anima” del Premio letterario “Il Mulinello” del comune di Rapolano Terme;
due poesie sono state incluse nella collana “Antologie” nel volume “Scritture e percorsi” Ed.  Tracce;
- un breve pezzo è stato pubblicato nel n. 26 di Storie;
- Ho vinto il terzo premio nel Concorso Letterario “Joutes Alpines” dell’Associantion Rencontres Italie Annecy (Francia) per la Sez. Prosa (Italia) con il racconto “Il vecchio album”;
- Il racconto “Agonia” ha ricevuto la Menzione d’onore nel Concorso Letterio Internazionale A.L.I.A.S;
- Il romanzo “Amaryllis” è stato finalista nella 2^ edizione del Premio Penna d’Autore  d’Oro nella Sez. Narrativa Int.;
- Alcune poesie sono state inserite nell’antologia “L’Anima della poesia”, testo di supporto per le scuole medie inf. E sup. collana “Le muse” – Book ed. .ecc..
  • 1998 il racconto “!?IO!” è entrato nella rosa dei finalisti del premio Città di Empoli, Domenico Re, II ^ ed.;
- la poesia “Nebbia” è stata inserita nell’omonimo libro del Premio Letterario Nazionale “Il Molinello”;
- una silloge di poesie è stata inserita nel “Il Calamaio”, un quaderno di poesia della Collezione di Letteratura “Arianna” della Book ed. di Bologna;
- un racconto breve è stato inserito nell’antologia “La parola delle donne” ed. Tracce. Ecc..
  • 1999 – 2000 diversi lavori hanno ricevuto premi o segnalazioni e inserimenti in altre antologie e altri riconoscimenti di vario genere.
  • 2001 per ben due anni conseguitivi alcune poesie sono state inserite in una mostra di pittura organizzata dalla biblioteca di Guarda Veneta;
- Il romanzo “L’appuntamento“ è stato tra i 20 finalisti del concorso della Demetra, ecc…
  • 2002  il racconto “Il bacio” è stato inserito nel Nr. 24 della Rivista semestrale “Il ventaglio” ed. La Torre, cultura e turismo (Ro);
- alcune racconti sono stati pubblicati presso il quotidiano “Il Gazzettino” (la pagina dei lettori);
- sono stata tra i finalisti del Premio “Navigando nelle parole” proposto tramite Internet da Poesia Contemporanea e pubblicata sull’antologia omonima Ed. Il Filo;
- un’altra poesia è stata scelta dalla commissione di lettura inter. Della Casa Ed. Universum e inserita nella 9^ ed. dell’antologia  “Poeti e Scrittori d’Italia”;
- presso il sito www.rcs.it-rcslibri, Speaker’s corner – “angolo della poesia” tenuto da Carlo Trotta, sua recensione…..
  • 2003  la poesia “Neve” è stata selezionata per l’antologia “Navigando nelle parole” Vol. 8 Ed. Il Filo on line – curato da Giulio Perrone;
- il racconto “Petali” è stato incluso nella  I^ Ant. Di Nuovi Autori proposta dal sito Internet Nuovi  Autori  curata da Carlo Trotta. Ecc…
  • 2004 - pubblicato E-Book “Parole Libere” Ed. Wol – sul sito www.wordson-line.it.
                      -  il racconto Profumo è stato segnalato e inserito nell’omonima antologia del premio “I veli della luna” indetto dalla Ass.ne Akkuaria (Catania).
                      - Pubblicazione del romanzo Fermoposta – Ed.  Il filo S.r.l. (Rm) – notizie sul sito  www.ilfiloedizioni.it.    
                    - inserita  nel progetto multimediale (cd-rom)  “La Biblioteca dell’inedito”  Ed. Il Filo S.r.l.
                   - la poesia “Aiutami”  è stata inserita nell’Antologia Multimediale “una poesia per Telethon”, a scopo benefico.
                   - e varie….
  • 2005 – Pubblicazione del romanzo L’Appuntamento – Ed. Michele Di Salvo –
  • 2005 – la poesia Bugie (Stones of Angles) è stata inserita nel Vol. 6 – In Our Own Words: A Generation Defining Itself - Edited by Marlow Perse Weaver U.S.A. – www.evenstar.net/mwe/
  • 2007 – Pubblicazione del thriller L’Incontro – Dipinti assassini -  casa editrice InEdition di Bologna. www.inedition.it  (prima avventura di Ginevra Lorenzi)
  • 2009 – Pubblicazione del romanzo Il Salotto di Lerici .(Istantanee di donne) -  Edizione Diversa Sintonia. http://www.edizionidiversasintonia.it 
      °       2012 – Pubblicazione in EBOOK Il Salotto di Lerici -  Ed. Sintonia 
            - di seguito il sito dove poterlo acquistare.
http://www.edizionidiversasintonia.it/12-template/edizioni-diversa-sintonia/introduzione-libri/52-prefazione-a-il-salotto-di-lerici-isabella-michela-affinito

° 2017 – Pubblicato Ebook e cartaceo Anime - Casa Editrice Lettere Animate Fiction (www.lettereanimate.com)


INCONTRI 
  • 1996 nel mese di novembre sono stata invitata presso il  Circolo C.I.E. di Milano, organizzati come “salotti culturali”.
  • 2000 sono stata invitata dagli Autori Polesani  a presentare il mio libro “Parliamone”  nel pomeriggio dedicato all’incontro con l’autore.
  • 2002 nel mese di maggio, sono stata invitata  per una delle quattro serate organizzate dal comune di Porto Viro (RO) .
  • 2005 - Presentazione del libro Fermoposta a Roma presso il Caffe Letterario in Trastevere, in Aprile. Ulteriori presentazione del libro  sono state fatte successivamente a Stienta, presso la biblioteca e a Rovigo durante la fiera del libro in piazza, tenuta a Maggio.
  • 2006 – Presentazione del libro L’Appuntamento presso la seconda edizione del libro in piazza, tenuta a Maggio a Rovigo. (www.domist.net/fieralibro/)
  • 2008 – Stienta (Ro) presso la biblioteca, serata dedicata ai miei lavori, nell’ambito di una serie di incontri dedicati agli Autori Polesani.

MENZIONI
1996 il libro “Parliamone” riceve la Menzione Speciale nel premio Poesia Campania e una poesia la Menzione di Merito. IL libro è stato segnalato nel premio Editoriale di poesia “Book” 1996 promosso da Book ed. di Bologna e ha ricevuto una Segnalazione di Merito nella VII^ ed. del Premio Internazionale “Il paese che non c’è” di  Milano.
- alcune poesie sono state inserite nell’antologia “Il giro d’Italia delle poesie in cornice” ed. Club degli Autori; “Fior da fiore” Ed. Golden Press ; Antologia di Penna  d’Autore a cura di Nicola Maglione e nell’agenda Poetica ’97 ed. Joker.
- il racconto “Petali” ha ricevuto l’Encomio solenne nel Premio Intern. Europa promosso dal Centro Incontri Europa di Milano.
1999 il romanzo “Fermoposta” riceve (previa segnalazione) “L’alto riconoscimento di successo internazionale 1999” e il primo capitolo viene inserito nell’Antologia di Letteratura Contemporanea Plurilingue “Globus” Ed. Giovanni Campisi – Trento.
2000 la poesia “La cenere dei ricordi” riceve il conferimento dl diploma “gran premio d’autore” e l’inserimento nell’antologia on-line nel sito digilander.iol.it/universalia. Delle Ed. Universum, mentre “Prigione”  ha ricevuto il diploma di “una poesia per la vita”.
2005 la poesia “Pace in Guerra“ nel concorso indetto da A.L.I.A.S.  (Melbourne – Australia), ha ricevuto la Menzione D’Onore. ( http://aliaseditrice.com.)




Genere: Romanzo narrativa

Editore: Lettere Animate Editore
Data di pubblicazione: 20 ottobre 2017
Numero pagine: 84
Prezzo ebook: 2,99€ 
Prezzo cartaceo: 10,00€
Link per l'acquisto su Amazon: 





Sinossi:
Questa storia racconta di come nulla è mai definitivo e per sempre. Un uomo per tutta la vita combatte contro la sua vera natura, soffrendo e cercando di uniformarsi a quello che gli altri si aspettano da lui. Fino a quando un incontro gli apre gli occhi, obbligandolo a prendere coscienza di se stesso e di quello che deve fare per essere finalmente felice. Questa scelta lo porterà a sconvolgere la vita delle persone che lui ama di più, la moglie e la figlia. Tre Anime a confronto con reazioni diverse che attraverso un percorso difficile e doloroso le porterà di nuovo ad essere una famiglia, anche se non più nella versione classica, ma non per questo meno vera e reale. 


Eccovi un estratto:
OGGI

Tutti vogliamo essere amati. Essere amati per quello che siamo e non per come ci vorrebbero, è un’altra cosa.
Ancora più difficile è amarci per come siamo veramente, con la pelle che aderisce alla nostra anima, alla nostra essenza di persona. Spesso non ne siamo capaci, e ci facciamo del male nell’illusione di conquistare un po’ di serenità, in una vita che non ci permette neppure di sognare.
Ma la parte più difficile è scoprire che la nostra pelle è come un vestito sbagliato, che ci ostiniamo a indossare perché ci è stato donato tanti anni prima. Prima che sapessimo veramente chi siamo. Prima di capire che la nostra anima ha bisogno di cambiare modello, se questo ci va stretto. Quando finalmente ci riconosciamo per quello che siamo, e impariamo ad accettarci e a volerci bene, ecco la parte più faticosa. Fare in modo di essere accettati e amati con il nostro nuovo vestito senza essere giudicati.
Che non abbiano paura di vederci come noi ci vediamo, in fondo la nostra anima è solo venuta in superficie e finalmente non abbiamo più paura di dire: “Io sono questa!”
Cammino spedita, sicura. Avverto il piacere delle calze nuove sulla pelle, le ho scelte per quel particolare vezzo che hanno all’altezza della caviglia, una piccola rosa rossa. Le scarpe sono più alte del solito e mi permettono di muovere i fianchi con maggiore armonia. Mi sento sicura e so di piacere anche se il vestito è sobrio; io mi sento bella. Il sole mi scalda il viso e la sensazione è di pace. Mi piace camminare in questo parco pieno di vita, mi fa sentire normale. Una sensazione che credevo non avrei mai provato.
Alzo la testa e incrocio il suo sguardo. Mi guarda con stupore, apre la bocca quasi volesse parlarmi. Invece, il suo silenzio mi fa barcollare. Abbasso gli occhi, improvvisamente mi sento ridicola e vorrei andare a casa per cambiarmi, ma non posso, ho un appuntamento ed è importante per me.
Ci guardiamo mentre ci sfioriamo con gli occhi soppesandoci, avverto il suo imbarazzo e la sua delusione la sento sulla mia pelle mentre mi allontano.
La mia camminata è insicura, piego la testa e vorrei piangere. Il sole mi irrita e mi accorgo di non avere gli occhiali dietro cui nascondermi.
Deluderla era l’ultima cosa che avrei desiderato. Lo sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarla. Ma non oggi, non così, non adesso…
Non ero pronta, avevo bisogno di tempo.
Di tempo per dirle che io sono sempre la stessa persona e che le vorrò sempre bene.
Cammino spedita, sicura. Oggi è una giornata speciale, voglio arrivare presto a casa, devo dirgli una cosa bella. Oggi ho dato il mio primo esame ed è andato bene. Voglio vedere nei suoi occhi l’orgoglio della mia vittoria. La mia prima battaglia, in cui il voto evidenzia la mia voglia di farcela.
Vorrei correre, ma mi trattengo, voglio godermi questa breve passeggiata, la prima dopo un mese di studio ininterrotto. Il sole è lieve e scalda la mia pelle, mi sento bene. Mi sento leggera e bella, bella malgrado le occhiaie e i miei jeans. Attorno c’è il movimento classico di tutti i giorni, quando il tempo permette di uscire di casa, i vecchi che passeggiano con passo lento, i bambini che giocano, sudati e felici sotto gli sguardi della madre distratta da altri pensieri. Chi corre, chi si bacia, chi cammina come me tranquillamente e poi la vedo.
Mi viene incontro sicura, felice fino a quando i nostri occhi si riconoscono.
L’espressione muta in gelo. Tra noi l’imbarazzo e del non volevo. Ci avviciniamo fissandoci, non osiamo parlare. Vorrei dirle qualcosa, ma dalla mia bocca aperta non esce neppure un suono. Ci sfioriamo con lo sguardo e lei va oltre, dove non lo so, la sento camminare sopra i suoi tacchi e allontanarsi con indecisione, forse timore. Vorrei sprofondare, mi vergogno per lei.
Mi vergogno di lei.
Lo sapevo che prima o poi ci saremmo incontrate. Ma non oggi, non così, non adesso.
Non ero pronta, avevo bisogno di tempo. Di tempo per cercare di accettare questa sua scelta, tempo per capire se io riuscirò ancora a guardarla negli occhi e dirle: ti voglio bene.

L’ALTRO IERI

Mi guardo allo specchio e quello che vedo non è quello che vorrei. Non so chi dovrei essere. Questo viso sembra non appartenermi, eppure è il mio. Questa sensazione di non appartenenza è sempre più forte e mi fa sentire a disagio e fuori luogo. Sono stanco.
Era da molto che non sentivo più questa stanchezza che viene da dentro. Ero riuscito a nasconderla, ma adesso eccola emergere di nuovo mentre mi fisso allo specchio. Sono costretto a guardarmi, se voglio farmi la barba senza tagliarmi. La sento salire e so già come andrà a finire. Come sempre mi metterà al muro, costringendomi a riflettere su quello che sono e su quello che invece vorrei essere. Ma chi vorrei essere? È una domanda che ho sempre ignorato.
Dio quanti anni sono passati da quella prima volta, quando l’ho sentita premere dentro, lasciandomi quasi senza fiato per la paura.
Anni fa, non sapevo ancora darle un nome e mi aveva spaventato a morte, a esser sincero, non è che adesso sarebbe andata meglio, ho solo imparato a conviverci. Ma allora con chi parlarne? Con chi confrontarmi? Cosa fare? Quante domande nella testa confusa di un adolescente, che io ignoravo per paura e ignoranza.
L’ignoranza che si può avere a quell’età è diversa da quella che si ha da adulti. È un misto di innocenza, di ingenuità, di paure, di scarsa conoscenza di… tante cose, che crescendo si perdono diventando timorosi, cattivi, influenzabili, vergognosi e tante altre cose.
Ci vergogniamo di quello che proviamo e che pensiamo, credendo di essere gli unici ad avere certe sensazioni. E se anche sospettiamo di non essere i soli a provarle, non amiamo che gli altri sappiano troppo di noi. La società è una brutta bestia, ti inghiotte e ti digerisce lentamente, senza fretta. A volte ti sputa fuori perché non sei come credeva. Io non volevo essere vomitato, volevo farne parte. Non comprendendo cosa mi stava capitando preferii una scelta drastica e me ne andai.
Dio, come è tutto lontano, eppure mi sembra ieri quando, stanco del malessere che mi stringeva dentro, presi uno zaino lo riempii dell’essenziale e me ne andai. Avevo in testa “un’idea” confusa di quello che volevo fare e cercavo di decidere, mentre il treno mi portava lontano da quella cittadina di provincia, piccola come la piazza dove c’era il mercato della fiera. Tutto era in formato ridotto, anche le aspirazioni e la vita che sfuggiva tra le mani ancor prima di essere vissuta. Mi fermavo quando vedevo una stazione che mi sembrava simpatica, cercavo un lavoro, guadagnavo qualcosa che mi permettesse di risalire sul treno e continuare la mia fuga.
Lo so cosa pensate. E la mia famiglia? E la scuola? Il militare? Giusto. Per mia fortuna era estate e avevo appena dato la maturità. I diciotto anni di allora non volevano dire maggiore età, ma solo avere raggiunto un gradino sicuro da cui ripartire. Io avrei dovuto proseguire con l’università, ma chiesi qualche mese per me; allora era possibile prendere e andare senza tanti problemi, soprattutto se la tua famiglia non ti seguiva molto e se la tua partenza ne alleggerisce la spesa. Quanto al militare, la mia fortuna furono i piedi piatti.
Tra una fermata e un treno arrivai al nord. E quando dico nord intendo quello vero, quello freddo, quello in cui il sole lo vedi solo per poco durante l’anno. Mi trovai in Svezia, non parlavo che poche parole di inglese eppure riuscii a farmi capire e a salire su una nave che andava anche a caccia di balene. Prima che fosse una razza protetta, prima che tutto cambiasse; prima che io cambiassi idea tornando a casa, ero diventato marinaio. Un marinaio semplice che puliva il ponte, che obbediva a tutti e che voleva imparare. Che voleva vivere in pace ignorando quella voce che raspava dentro.
Ero un ragazzo tra uomini eppure non fui mai trattato male e nemmeno ignorato o altro, ero uno di loro. Imparai molto, come vivere su due piani distinti e definiti, dividendosi tra i mesi di mare e le settimane passate a casa. Concentrare la vita con le persone, niente svaghi, niente spreco niente superfluo, solo duro lavoro e voglia di famiglia, semplicità estrema, il domani era un eterno presente fatto di attese.
Io non sentivo la mancanza della mia, per cui non la nominai mai e loro credettero che fossi solo, mi adottarono con la semplicità del silenzio e per anni furono la mia famiglia. Imparai molte cose in quegli anni e mi trovai a desiderare di diventare come quel capitano silenzioso, che mi osservava e mi dava consigli quando riteneva che ne avessi bisogno. Era una figura rassicurante e preziosa per me, perché sapevo che lui sarebbe stato presente nella mia vita. Fu semplice desiderare essere come lui. Così imparai a dividere la mia vita tra il mare e la terra, il silenzio delle onde e il silenzio del porto. In mezzo al rumore si può trovare il silenzio, sapendolo cercare, e io imparai a vivere in un mondo in cui le parole erano un lusso che andava guadagnato e mai sprecato.
In mare tutto prendeva un respiro diverso. Sì, “respiro”, perché io cambiavo il mio modo di respirare, di pensare, di vivere e vedere le cose, tutto aveva uno spessore diverso e io mi sentivo tranquillo, al sicuro. Mi sentivo tranquillo e senza nessuna pretesa se non quella di poter tornare di nuovo in porto. E quando ero di nuovo a terra studiavo per diventare capitano, spedivo qualche lettera a casa per dire che stavo bene e lasciavo che tutto mi scivolasse sulla pelle. Riuscivo pure ad avere qualche avventura e non mi sentivo mai solo. Ricordo ancora la prima volta che una donna mi sorrise. Allora presi coraggio e l’avvicinai. Il sorriso diventò ancora più grande, mi avvolse come il suo profumo. Non era niente di speciale, sapone e crema per il corpo; su di lei era inebriante. Sentivo la gola chiusa e le parole spezzate tra i denti che non volevano uscire, la guardavo in silenzio sperando che non fosse una mia fantasia. Era una ragazza poco più grande di me, lavorava in quel bar per pescatori da sempre, visto che apparteneva ai suoi genitori. Cominciò tutto così, quasi per gioco.
Direbbe una canzone, invece fu una parentesi che mi fece dimenticare le mie ansie e timori. Ritornai a guardarmi allo specchio senza timore di avvertire quel malessere che mi faceva scappare, adesso avevo una donna.
Furono anni pieni di colori e odori, che ritornano nella mia mente appena chiudo gli occhi o quando passo davanti ad una pescheria.
Anni passati senza fretta ma con la lentezza di un villaggio di pescatori. Alla fine riuscii pure ad avere la mia licenza per portare un peschereccio. Ricordo ancora la paura per quella prima uscita, e la gioia di rientrare con il pescato e tutti gli uomini salvi. Mi sentivo leggero e grato a Dio perché tutto era andato bene.
Dio.
Il mio contatto con Lui è stato solo in quel periodo, un momento di tregua dovuto a uomini che credevano alla sua presenza. I pescatori sono gente superstiziosa e religiosa ed io mi adeguai.
Segno della croce quando uscivo e quando rientravo per ringraziare che tutto fosse andato bene. Preghiera in alto mare se le onde erano troppo cariche di pericoli. Preghiera per poter
trovare il pesce e ringraziamento se lo si trovava. Preghiera per i morti che il mare si prendeva, preghiera per le vite che lasciava.
Quante preghiere ho imparato, tutte dimenticate una volta che sono tornato a essere quello che non ero.
Quel periodo durò una decina d’anni, poi quella breve parentesi si chiuse lasciandomi di nuovo la percezione di essere nel posto sbagliato per il motivo sbagliato.
Lo capii quando lei mi chiese cosa volevo fare della mia vita.
Ricordo che mi girai a guardarla senza comprendere, io la mia vita la stavo vivendo e mi piaceva. Cosa voleva farmi capire?
Glielo chiesi e lei mi guardò rassegnata, scosse la testa, mi diede un bacio sulla guancia, non sulla bocca come sempre, mi disse che mi augurava di trovare prima o poi quello che cercavo. Si girò e se ne andò. Rimasi su quegli scogli di pietra buttati dagli uomini a fissarla mentre si allontanava. Cercavo di capire cosa voleva dirmi ma non ci riuscii. Avvertii la sensazione sgradevole di averla ferita e delusa, ma non capivo come. Continuai a rimuginare su quelle parole e sul quel gesto per diversi giorni e, finalmente una sera, mentre osservavo il mare che si stava ingrossando sotto la barca piena di pesce appena pescato, mentre cercavo di ricordare la preghiera per la buona sorte, capii.
Il gesto fermo nell’aria gravida di acqua e di morte, capii.
Terminai il movimento in maniera automatica, lo spasmo che mi stringeva il cuore era così forte che faticavo a respirare, ma mi concentrai, dovevo portare tutti a casa per l’ultima volta. Tutti vivi e con il pesce che la stiva poteva contenere. A fatica attraccai e con dolore li salutai. Riuscirci per l’ultima volta fu importante per me, perché era il mio modo di ringraziarli per avermi accolto nella loro vita. Ricordo che feci una gran fatica a rimanere fermo e immobile a urlare i miei ordini sotto quella valanga di acqua che sferzava ogni cosa, Rientrammo mentre la tempesta stava ancora gonfiando il mare, tutti vivi. Il sollievo che vedevo sul loro viso mi ripagò di ogni cosa, anche della decisione che avevo appena preso.
Ancora una volta agii d’istinto. Senza cercare scuse che sanno di bugie, dissi semplicemente che avevo perso la fede. Senza fede è meglio rimanere a terra. Le bugie devono avere sempre un fondamento concreto, reale, che ti permetta di mantenerle nel tempo senza dimenticarle. Devono essere bugie vere, plausibili.
La mia lo era e per questo fui creduto. Smisi di navigare e tornai a casa. Li salutai tutti con tristezza ma con la consapevolezza di aver avuto un dono speciale in quegli anni, in cui ero l’unico a parlare l’italiano.
Casa.
Che parola grossa per definire la famiglia che avevo lasciato a 18 anni. Ma era così, in fondo quella era la mia casa anche se io non ero più la stessa persona. Tornai, li salutai, non diedi troppe spiegazioni, in fondo, non sembrava fossero troppo interessati a quello che avevo fatto, li posso anche capire, ma non posso negare che una parte di me ne fu ferita. In fondo ero pur sempre un loro figlio, un fratello. Notai la loro perplessità per quel mio ritorno e forse erano anche preoccupati che potessi pretendere un aiuto finanziario. Vedere quel loro lato mi fece sorridere, era così diverso da quelle persone che mi avevano accolto tra loro con naturalezza. Li tranquillizzai, in quegli anni di lavoro avevo guadagnato bene, investito meglio e potevo permettermi certe libertà che gli altri della mia età sognavano, ancora al sicuro tra le mura domestiche dei genitori; mentre io ero un uomo. Cresciuto in fretta ma felice dell’esperienza fatta, nel mio cuore c’erano solo tanti ricordi piacevoli e questo non è poco.
Mi guardavo attorno non riconoscendo nessuno, neppure la città di provincia grande come la piazza del mercato. Tutto era cambiato, tutto era cresciuto, l’unica cosa che non era mutata era la mentalità. Erano ancora prigionieri di un pensiero piccolo piccolo, non più grande di quella piazza di provincia, dove la fiera si fermava una volta all’anno.
Decisi che dovevo andarmene. Ma dovevo trovare una scusa plausibile, un’altra. Ormai mi stavo specializzando nell’uso della bugia detta a fin di bene. Lo so, erano quasi estranei che mi tolleravano a fatica, ma per me erano sempre la mia famiglia e non volevo ferirli. Una parte di me sentiva ancora il legame affettivo ma avvertiva anche che erano diventate ombre che mi osservano silenziose, timorose di chiedere per paura di scoprire qualcosa che andava oltre la semplicità di quella loro vita fatta di molto poco. Ma che gli permetteva di sopravvivere e di non farsi troppe domande. Loro si accontentavano, io non ne ero capace.
Io volevo vivere. Loro sembravano pali di una zattera senza ancora, tenuti insieme dalla sola volontà di sopravivere. Ce ne sono tanti che come loro si accontentano di lasciarsi vivere e questo è molto triste.
Fu facile lasciarli.
Decisi di iscrivermi all’università per prendere quella laurea a cui avevo rinunciato anni prima. Mi spostai nella città dove avevo deciso di studiare, prima di andarmene. Presi un monolocale in periferia, nel senso che lo acquistai, un vero colpo di fortuna che adesso mi frutta bene. E ripresi a studiare, in fondo lo studio per me non è mai stato un problema, ho sempre avuto facilità in questo.
Studiavo e lavoravo. Preferivo essere uno studente lavoratore. Mi ero abituato al lavoro e non vedevo perché avrei dovuto rinunciarci, mi aiutava a tenere la mente occupata. Il caso mi venne di nuovo in aiuto, mi imbattei in un panificio che aveva bisogno di un aiutante per il turno di notte. Cosa potevo chiedere di più? Verso le 11 di sera mi presentavo puntuale per impastare, infornare e preparare ceste che poi sarebbero state portate via la mattina seguente. Non fu difficile imparare quel lavoro, anche rimanere sveglio durante la notte non era difficile: ero abituato ai turni silenziosi in nave. Era il caldo soffocante, soprattutto in estate, che mi mandava in crisi. Mi laureai in giurisprudenza con il massimo dei voti nei 4 anni richiesti. Incredibile! Ero diventato quello che mio padre voleva che fossi, ma che io non ero sicuro di voler essere. Ma che importava, in fondo era un lavoro come un altro. Niente altro che un lavoro come tanti.
E ADESSO?
Dovevo fare di nuovo l’ennesima scelta. Come fornaio, me la cavavo bene, ero diventato bravo, adesso avevo la responsabilità dei dolci, e modestamente mi riuscivano bene. Ne avevo introdotto alcuni svedesi rivisti in chiave italiana che andavano venduti niente male. Ma era questo che volevo? In fondo ero un avvocato. Certo, dovevo fare un tirocinio presso uno studio, sostenere un esame, farmi le ossa e decidere se preferivo il penale o il civile. Insomma, dovevo di nuovo decidere. L’unica cosa era che in quegli anni, tra studio e lavoro, non avevo pensato troppo alle donne e a quel malessere che mi bruciava dentro. Forse quel contatto con il fuoco del forno del panificio lo aveva spento. Ne dubitavo, ma mi era andata bene. Non ne sentivo la mancanza e non avendo troppo tempo da dedicare alla loro “frequentazione”, il problema non me lo ponevo. Ma adesso? Adesso tutto ritornava ad avere un ritmo diverso, meno lento, meno isolato, meno solitario. Adesso dovevo decidere di nuovo.
Anche questa volta il caso mi venne incontro. La mia vita, in fondo, è sempre stata una continua scelta. Il destino si è sempre divertito a mettermi davanti gradini da salire o da scendere. E ogni volta io sceglievo la salita verso una nuova vita piuttosto che la discesa verso quella che già conoscevo e mi era familiare. La strada più difficile mi facilitava nel non pensare, perché troppo impegnato nel raggiungere un nuovo traguardo. Avrò tanti difetti, ma almeno non ho quello della codardia, altrimenti non sarei neppure qui a ricordare.


Io lo leggerò... e voi?

Buona lettura!

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